I centri di assistenza fiscale qui da noi si chiamano come la triade più potente della prima repubblica. E i segnali sono ovunque: qualche giorno fa è morto Arnaldo Forlani proprio mentre un impiegato ACLI mi stampava l’F24 di una dichiarazione integrativa per redditi che non ho pagato nel 2020. Non voglio girarci intorno: sono un evasore come tutti gli altri, anch’io faccio parte di questo popolo che sta fottendo i soldi del PNRR all’Europa. Quindi non credetemi se vi confesso di non averlo fatto apposta. Nel 2019 ho portato a termine due lavorazioni dello stesso importo (poca roba, qualche centinaio di euro) e, nell’agitazione di fare tutte le cose per bene, ne ho dichiarata solo una. Se fate il 730 precompilato saprete benissimo il senso di solitudine che tale procedura trasmette, mentre preparare la dichiarazione congiunta ha un che di romantico, ti fa sentire indissolubilmente legato al partner. Mi piace poi l’idea del cassetto fiscale, come quello dei calzini davanti al quale noi mariti non notiamo l’evidenza e ci affidiamo allo spirito di osservazione delle nostre mogli. Una dichiarazione integrativa induce invece a uno stato di irrequietezza interiore con l’aggravante delle paure irrazionali per una gamma di cose che vanno dal pignoramento della casa alla morte che, come dicevano i Depeche Mode, è davvero dappertutto a partire dall’F24 che è uno strumento di tortura. Intanto mi chiedo se era il caso di chiamarlo così. Poi tutta quella sfilza di codici da inserire e la difficoltà nel reperirli. Ma non do la colpa solo al fisco. Il modulo online del mio sistema di home banking ci mette del suo e prima di azzeccare la combinazione giusta mi tocca sempre fare qualche tentativo. Fino al jackpot finale – non si vince niente se non la sicurezza di non incorrere in una ulteriore sanzione – sempre che il giochino non ti renda dipendente. Secondo me sarebbe stato più semplice detrarre direttamente l’ammanco del 2019 dal rimborso di quest’anno, evitandomi tutto questo sbattimento. Da questa esperienza ho però capito una cosa: tutte le cose che comportano maneggio di soldi pubblici devono per legge chiamarsi CAF.