Kara Jacskon – Why Does The Earth Give Us People To Love?

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Ascolti Kara Jackson e rimani folgorato. Poi la vedi e ti bruci la seconda volta. In “Why Does The Earth Give Us People To Love?” si fondono senza ritorno poesia e musica, impegno e bellezza, amore e morte.

Il National Youth Poet Laureate è il riconoscimento annuale di cui viene insignito il giovane statunitense che più si è distinto nella poesia o nell’arte dello spoken word, dimostrando impegno nei temi della giustizia sociale e dei diritti civili. Noi iniziative di questo tipo non possiamo nemmeno immaginarle, vi basti sapere che ad aggiudicarsi la prima edizione, nel 2017, è stata Amanda Gorman, la poetessa che poi è stata chiamata a declamare i suoi versi alla cerimonia di insediamento di Joe Biden (mentre qui da noi, in un’occasione del genere, per dire, avrebbero invitato a fare uno show gente del calibro di Albano o Bocelli).

Nel 2019 il premio è andato invece a Kara Jackson. E senza nulla togliere alle altre vincitrici – so che non c’entra, ma un’altra cosa che vi lascerà di stucco è che al primo posto di questo concorso si sono sempre classificate solo ragazze, peraltro tutte decisamente incantevoli – la sua esperienza ci insegna qualcosa. Se vi dilettate con i versi, fate come Kara Jackson: imparate uno strumento musicale, uno qualsiasi, possibilmente funzionale ad accompagnare le vostre rime. Vi riserverà delle sorprese.

Kara Jackson vive a Oak Park, un sobborgo di Chicago sede di una vivace scena artistica, ma le sue radici richiamano il profondo sud, un fattore di appartenenza che connota drasticamente il suo lavoro. In un’intervista sostiene di non riuscire a raccontarsi senza raccontare chi è suo padre, nato e cresciuto a Dawson, Georgia, un paesello grande non più di un sasso che però per lei assume il significato di posto più importante del mondo. Non può fare nulla senza pensare dove si trova e come non si troverebbe dove si trova senza le persone che l’hanno preceduta. Dawson, aggiunge, è anche la prova che la cultura può nascere negli angoli più piccoli e remoti della terra e dice di sentirsi turbata dalla leggerezza con cui siamo soggetti a ignorare quegli spazi.

Da adolescente notava quanto l’audacia con cui si autodefiniva poetessa mettesse a disagio le persone e inducesse gli adulti ad attivarsi in una forma di controllo per farla desistere, in qualche modo. Ingerenze che, per fortuna, hanno sortito l’effetto contrario. Kara Jackson ha intuito di essere sulla strada giusta e ha cominciato a fare sul serio, come poetessa prima e come songwriter ora.

Per questo è estremamente audace discernere in Why Does The Earth Give Us People To Love?, il suo album d’esordio, la musica dalla poesia. Vi sfido a distinguere le parole dai suoni lungo le 13 tracce – o componimenti, chiamateli come volete – che formano questa raccolta – o disco, chiamatelo come volete.

Dal punto di vista musicale, vi sorprenderà scoprire l’ingenuità con cui la componente sonora viene usata a seconda delle esigenze liriche. Prendete “no fun/party” e la moltitudine che contiene. Uno struggente primo blocco in cui, davvero, non c’è niente da ridere, tanto meno nei paradossi delle relazioni amorose quando sono cantati così, con la nuda voce profonda e ruvida di Kara Jackson, a volte persino piacevolmente in bilico nell’intonazione, accompagnata da un arpeggio di chitarra. Poi, all’improvviso, due accordi strappati messi apparentemente a caso a spezzare il racconto, come il bumper di un intervallo pubblicitario qualunque, e si passa al secondo tempo, con l’ukulele e la voce filtrata da un effetto-scatoletta, quello che si usa per simulare i registratori fai da te. E anche la distratta sfrontatezza con cui la cantautrice inserisce nella tracklist canzoni da sei o sette minuti, un vero azzardo nell’era dei disturbi dell’attenzione, conferma la sua totale volontà di dissociarsi dagli stereotipi dell’industria musicale.

Un poeta, al contrario, vi farà notare tutte le volte in cui la scelta delle parole risponde a necessità ritmiche e melodiche. Su tutte, “Why Does The Earth Give Us People To Love?”, il doloroso commiato della lettera di addio alla compagna di liceo Maya, morta a sedici anni sopraffatta dal cancro. Una domanda con la d maiuscola che non dà solo il titolo a canzone e album. Come per tutto il resto, non c’è risposta. Ci immaginiamo così Kara Jackson e la sua amica cantare a due voci per l’eternità, Maya sulle note acute e Kara su quelle più basse e adatte al suo timbro, fino alla fine, come promesso, come le amiche che lo sono per sempre e ci vuole ben altro per separarle. La terra ci dà persone da amare e poi ce le toglie ma noi possiamo continuare a ricordarle proprio così, come un controcanto, due linee di melodia parallele che si librano con agilità, costantemente distanti una manciata di toni l’una dall’altra.

In tutta questa densità emotiva, profondità di affetti e concentramento di angosce, il rischio è di perdersi episodi per nulla secondari, come “curtains” o “brain”, in un album in cui non c’è un istante di leggerezza, se non tutti i titoli delle canzoni privi dell’iniziale maiuscola. Le due rapide parti di “recognised”, qualche spaccato di vita amorosa e rapporto con gli uomini in “therapy”, “free”, la bellissima “pawnshop” e l’eloquente “dickhead blues”, la cui coda ha il miglior arrangiamento strumentale del disco. Poi c’è “lily”, ancora sul legame femminile, l’intesa e la complicità. Per non parlare della storia di “rat” e del cupissimo whisky di “liquor”, i superalcolici come seconda scelta di chi non si può permettere l’amore.

Fino a quando il southern folk blues di Why Does The Earth Give Us People To Love?, un’esperienza d’ascolto appagante e totalizzante in un modo che non si può nemmeno immaginare, come tutte le cose, si conclude. Kara Jackson ha 23 anni ma l’impressione è che abbia capito e visto tutto, che abbia vissuto così a lungo da arrivare fino alla fine e fare il giro e tornare al presente. Ha da insegnarci moltissimo della vita, della solitudine, dell’amore, del dolore, della morte. La sua capacità di osservare le cose da due angolazioni, quello della poesia e quello della musica, sempre che riusciate a scinderle, non è da tutti. C’è un’insoddisfazione di fondo, una sofferenza mai sopita, una curiosità senza tempo che spinge Kara Jackson a cogliere, un brano dopo l’altro, l’essenza di quello che prova per poi riproporlo in un modo unico.

E come voi anch’io, al primo ascolto, confesso di aver avuto la stessa sensazione provata con il disco d’esordio di Tracy Chapman, oggi come allora opere incontrate per caso in un momento di grandi ripensamenti e di dubbi senza soluzione. E, proprio come quel capolavoro, anche Why Does The Earth Give Us People To Love? ha tutte le carte in regola per imporsi come uno spartiacque epocale, o più semplicemente un buon compagno di viaggio a cui affidarsi quando si perde il senso dell’orientamento.

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