Il regolamento d’istituto della mia scuola impone un abbigliamento decoroso e adeguato all’ambiente didattico e coinvolge le famiglie nell’impegno a far rispettare agli studenti le linee guida. Io non ho una posizione ben definita sulla questione e, come sempre, mi auguro che il buon senso mi venga in soccorso nel momento del bisogno. Da noi non sussiste l’obbligo del grembiule, per dire, ma a me non dispiacerebbe introdurlo. I detrattori sostengono che si tratta di indumenti realizzati con materiale di scarsissima qualità (ultra-cinese, come dice una mia collega) e in questi tempi di global warming il rischio di provocare irritazioni o sfoghi sulla pelle dei bambini quando il sudore si trova a contatto con l’acrilico è piuttosto concreto. A me piacerebbe che tutto il mondo si vestisse con le casacche blu come ai tempi di Mao, figuratevi come potrei reagire al cospetto di una classe dal look omologato. Di sicuro mi sarei evitato la situazione spiacevole che vado a introdurre. Ieri una delle mie alunne, al primo caldo della stagione, si è presentata in shorts, e siamo in quarta elementare. Mi sono confrontato con colleghe più esperte di me che mi hanno consigliato, piuttosto che scrivere alla mamma o, peggio, diramare un generico “sì bermuda, no pantaloncini inguinali” attraverso la rappresentante dei genitori, di rivolgermi direttamente alla bambina. Non volevo metterla però su quanto il suo abbigliamento lasciasse scoperto perché ero strasicuro che il fastidio che provavo non derivasse da un approccio bacchettone, che sono sicuro di non avere, piuttosto da un’esigenza di sobrietà. A scuola ci si concia da gente che va a scuola, comprese le stravaganze che ragazzini e adolescenti adottano per mostrare al mondo quanto sono originali e fuori di testa (e diversi da loro). Ma questo è un altro paio di maniche, ed è proprio il caso di dirlo. In generale negli esseri umani di età superiore ai 3 anni approvo i pantaloni corti ma solo in prossimità di uno stabilimento balneare e con del reggaeton in sottofondo. Stavo per proporre alla mia alunna scosciata di recarmi a scuola anch’io in costume e infradito, magari con addosso una camicia hawaiana a maniche corte aperta fin sotto lo sterno e un bel cuba libre in mano. Ma non so se la bambina avrebbe compreso il nesso, e poi dovrei depilarmi. L’ho messa allora sul rischio di punture di zanzare e moschini quando trascorriamo l’intervallo lungo in giardino, ma mi ha guardato con quegli occhi come a dire ma per chi mi hai preso, sono una bimba ma non sono un’idiota. Di certo so che ha come modello una mamma molto appariscente, e il veto sugli shorts le ha rovinato la giornata. È andata a sedersi su una panchina tutta imbronciata e non si è alzata più. Avrei voluto dirle che, da seduta, l’effetto degli shorts è ancora peggiore (o migliore, a seconda dei punti di vista) ma non volevo sembrarle fuori luogo. E così stamattina si è presentata in classe con gli stessi pantaloncini di ieri. Mi ero già preparato a uno scontro Whatsapp mattutino con la famiglia ma, prima ancora di prendere posto nel banco, è venuta a dirmi una cosa. La mamma si scusa, mi ha detto, ma proprio non aveva altro da farle indossare, quel giorno.