Ho fatto il pianista di piano bar, ho dato ripetizioni di latino, e poi ancora il musicista nelle orchestre di liscio, il cameriere, il galoppino di redazione, il musicista a tutti gli effetti, l’insegnante di musica, il turnista in sala di incisione, l’educatore, il programmatore software, il progettista software, il copywriter, l’insegnante di scuola primaria. Ho avuto fortuna, sotto questo punto di vista. Dal secondo anno di università a oggi non ho mai subito un solo giorno il disagio di essere senza lavoro, di non avere un reddito, di non arrivare a fine mese. Certo, ho attraversato momenti di difficoltà – lavoravo in un’agenzia scoppiata insieme alla prima bolla Internet – e c’è stato un periodo in cui ho dovuto barcamenarmi tra tre attività diverse per mettere insieme uno stipendio decente e oggi, a cinquantasei anni suonati, potrei guadagnare un po’ di più, almeno come riconoscimento di anzianità per tutto quello che ho fatto in passato. Ma va bene così. Prima della laurea vedevo la vita come un buco nero. I tempi però erano ancora ricchi di opportunità, tutto sommato. Oggi mi sembra molto più complicato e non saprei da dove iniziare. Per me la festa dei lavoratori è una festa del ringraziamento. Non so a chi, ma grazie per tutto il lavoro che mi è stato concesso.