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Se avete figli che potrebbero essere miei alunni è bene che sappiate che una raccomandazione che noi insegnanti della primaria diamo ai bambini è di non portare da casa cose di valore, sofisticate o a cui tengono molto. Per i giochi o gli accessori scolastici non è tanto un problema di alimentare l’invidia dei compagni, quanto che è facile che qualche compagno possa danneggiare l’oggetto o, peggio, che il proprietario lo smarrisca in giardino durante l’intervallo lungo. Quindi è meglio che smartwatch, bigiotteria o regali preziosi restino sotto la responsabilità dei genitori tra le mura domestiche perché io non ne voglio sapere niente, e consolare i bambini per la separazione dal regalo rotto o perso appena ricevuto è straziante. Il rischio più grosso però è che quello che hanno portato da casa caschi giù dal banco e finisca in mille pezzi. Voi non avete idea della frequenza con cui la forza di gravità attrae in modo inappropriato cose sul pavimento delle aule delle scuole italiane. Le mie lezioni sono costellate da tonfi e altri rumori di materiale non strettamente didattico che si frantuma sulle piastrelle e il punto è proprio che la fisica è la più acerrima nemica della tecnologia. Un banalissimo temperino in metallo, uno di quelli classici con i due fori uno più grande e il secondo più piccolo, se cade fa rumore e stop. Il maestro fa una battuta, se è già il ventesimo di fila al massimo si indispone un po’. Il bambino lo raccoglie e lo ripone sul banco, pronto per precipitare giù alla successiva inadempienza del maldestro proprietario. Oggi però vanno di moda temperamatite super-accessoriati in plastica delle fogge più disparate: coccodrilli, supereroi, unicorni parlanti, turbomacchine espandibili, vere e proprie stazioni orbitanti dotate di serbatoio trasparente in cui si depositano i resti di matita durante le operazioni di ripristino della punta che, appena toccano il suolo, esplodono in mille frammenti, sporcando il pavimento e causando danni incalcolabili. Il proprietario ci resta male, tutti gli altri scoppiano a ridere, e poi tocca a me deludere il bambino. “Mi spiace ma non si può aggiustare”, oppure “io non ne sono capace, prova a chiedere alla mamma o al papà” o ancora “te lo avevo detto che era rischioso tenerlo lì”. Il punto è che più lo sviluppo di questi prodotti tende alla raffinatezza, maggiori sono i pezzi in cui l’accessorio si frantuma in caso di incidente, e le espressioni dei bambini delusi da questa dinamica e orfani del progresso sarebbero da immortalare come monito per le generazioni future.

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