Per molti di noi il massimo della vita è quando Maps ci suggerisce dei percorsi alternativi per raggiungere il posto di lavoro a causa del traffico e, appena ci rendiamo conto di questa che è una stranezza a tutti gli effetti, rammentiamo di aver letto su una webzine di aspiranti analisti che si tratta di un campanello d’allarme. D’altronde è un plot twist così inatteso che, di prima mattina, ci mette subito in allerta e azzera l’effetto della pastiglia per l’ipertensione. Vuoi vedere che l’intera giornata sarà tutta una gimcana per eludere l’ordinarietà? Se non avete il parabrezza appannato come il mio – la mia vecchia Yaris è una delle poche carrette a cui d’inverno bisogna grattare il ghiaccio anche da dentro – vi scorreranno davanti panorami imprevedibili, liberi da code e dalle brutture della bretella che percorrete in entrambi i sensi ogni santissimo giorno. E non è solo una metafora della vita. Oggi, per dire, c’era il sole. Ma ieri è stato un lunedì così lunedioso che, davvero, non sapevo da dove iniziare. La pioggia, il freddo, l’inizio settimana, le nove ore a scuola, l’orgia di carboidrati del weekend rimasta non smaltita, era troppo brutto per correre. Uno di quei lunedì in cui non erano nemmeno le dieci che avevo già sostituito quattro monitor alle postazioni delle colleghe della segreteria, disinstallato due diversi antivirus gratuiti dal portatile della mia dirigente, srotolato un A3 tutto incartocciato nel rullo della fotocopiatrice di plesso e assunto pillole di Drupal da un ingegnere calabrese immanicato con il MIUR. Il peggio, però, doveva ancora iniziare.