A così tanti anni di distanza nessuno ricorda più i dettagli sul primo e unico sorteggio in cui ha avuto luogo l’abbinamento tra le numerose comunità di fedeli del territorio al relativo santo patrono. Chi sia stato l’ente organizzatore dell’evento, chi fosse la madrina e come fosse vestita, quale emittente televisiva abbia curato in esclusiva la diretta, se c’era Cristiano Malgioglio tra gli ospiti, per non parlare dei particolari più chiacchierati come eventuali sospetti brogli nella procedura, ormai all’ordine del giorno. Per questo fa bene chi propone che, come qualunque cosa ricorrente che si rispetti, l’estrazione debba ripetersi ogni anno in modo che nessuna di queste concessioni secolari possa dare adito a conflitti di interessi o comunque per evitare di istituzionalizzare consuetudini poco trasparenti.
Per esempio ci sono paesi che festeggiano il loro intercessore con il divino in estate e a cui, a differenza di chi lo celebra in inverno, viene negato un diritto e si ritrovano una festività in meno nel calendario scolastico. Ma ci sono altri fenomeni ampiamente discutibili e che rendono urgente provvedimenti come quello, per esempio, di scegliere un giorno dell’anno, lo stesso per tutti i santi come festa nazionale, e morta lì. Non credo che nessuno di questa sorta di demiurghi mentori si offenda e, a onor del vero, il giorno in cui si celebrano tutti i santi c’è già da un pezzo ma ha perso il suo fascino da quando è stato messo in secondo piano dal più accattivante Halloween.
Il fatto è che quella della festa del santo patrono è una convenzione che fa acqua da tutte le parti. Sant’Ambrogio, che come Beppe Sala è una specie di super amministratore nazionale nel suo campo, ha un potere tale da fermare ogni attività non solo nel comune di sua pertinenza ma anche in quelli dell’hinterland, con il risultato che qui dove vivo io ci sono due santi patroni che si contendono le 25mila anime, mie concittadine. Anzi, la zona se l’erano già spartita in due fratelli, Gervasio e Protasio, e per questo possiamo vantare un vero e proprio triumvirato e forse va ricondotta a tale polverizzazione del potere temporale la scarsa cura con cui, qui, sono gestiti il territorio e la cosa pubblica in generale.
Ma basta spostarsi nel rhodense e oltre che l’influsso del vescovo teologo non si percepisce più. Il comune in cui si trova la scuola dove insegno – sarà anche per l’elevata percentuale di nuclei famigliari trapiantati dal sud per provvedimenti di confino – non riconosce alcuna autorità al patrono di Milano. C’è un santo, anzi anche lì una coppia di martiri che si dovrebbero celebrare durante l’estate così, per non scontentare i fedeli, il primo lunedì di ottobre – qualunque esso sia, un po’ come succede per la pasqua che si designa a tavolino – scuole e negozi osservano un giorno meritato di chiusura. Il fatto che molti dei genitori lavorino invece in area ambrosiana guasta la festa perché poi madri e padri che non hanno nonni a supporto non sanno dove mollare i mocciosi mentre sono in ufficio.
Senza contare che la cosa scontenta anche me. Mia moglie avrà un bel ponte da mercoledì 7 a domenica 11 dicembre, mentre io giovedì 8 sarò in classe a fare lezione, e lo scorso lunedì 3 ottobre – il giorno di finta festa patronale – sono rimasto inutilmente a casa da solo, che poi è finita che ho lavorato tutto il giorno, la scuola per gli insegnanti non si esaurisce al suono della campanella ma questo è un altro discorso.
Qualche genitore però si è lamentato del fatto che io non abbia dato compiti di matematica. Il punto è che i compiti alla primaria sono inutili, li eseguono genitori e sorelle e fratelli maggiori mentre i bambini si sparano su Fortnite o giocano alla ps. L’abilità sta nell’assegnare attività da sbrigare a casa pensate in un modo che ogni supporto altrui sia inutile o, almeno, riconoscibile dall’insegnante in fase di check. Io cerco di strutturarli così durante l’anno, ma in queste prime settimane di scuola – chi si occupa anche della parte organizzativa del proprio istituto sa bene cosa succede a settembre e ottobre – mi è stato impossibile. E piuttosto che caricare i miei alunni di paginate di operazioni o problemi a cazzo (i libri di testo sono arrivati solo ieri) ho preferito lasciarli liberi.
E durante il weekend finto-patronale la rappresentante dei genitori ha pensato di inoltrarmi un messaggio di una mamma, che più o meno, anzi, copio e incollo da whatsapp, diceva
«Buongiorno a tutti. Scusate, ma di matematica non ci sono compiti da fare?? Mi chiedo come mai visto che hanno anche un giorno in più a casa. Scusate se chiedo, ma sinceramente qualche esercizio di matematica alla mia non gli farebbe male, piuttosto che lasciarla in balia della tv mentre sono al lavoro😅 »
Ho replicato alla mia rappresentante chiedendo di rispondere che – una verità parziale – abbiamo lavorato sodo in classe ripassando, per iniziare, alcuni argomenti dello scorso anno in attesa dei testi. Ho consigliato però di far leggere ai bambini un buon libro. Non rientra nell’ambito delle STEAM – l’isteria collettiva per le discipline scientifiche sta oltrepassando ogni limite – ma comunque costituisce un efficace diversivo alla tele.
Una risposta che, se me la sentite dare a voce, risulta un pacato e saggio suggerimento ma che, con il potere distorto dell’asetticità della parola scritta, trasmette tutto il disprezzo nei confronti di una mentalità all’opposto della mia. Ho comunque verificato con la rappresentante che non ci fossero stati fraintendimenti, e la cosa è finita lì.
Ho dovuto però faticare a trattenermi dal caricare la classe, in questo primo fine settimana successivo al santo patrono, assegnando una caterva di esercizi tratti dai libri appena ritirati. Ho deciso di non farlo perché adoro i miei bambini e spero che trascorrano questo soleggiato weekend autunnale a bearsi del foliage nei parchi e della raccolta delle castagne piuttosto che a fare matematica, sempre che i genitori abbiano intenzione di organizzare qualcosa di bello per loro.
Ma se pensate che abbia sposato la vision di quel collega divenuto celebre per aver divulgato la sua lista di compiti delle vacanze new age, sbagliate di grosso. Ho voluto mandare un messaggio di buon senso a me stesso, prima che alle famiglie dei miei alunni.
Poi è successo che mi ha scritto la mia collega che ha un figlio DSA alle medie, un ragazzone che passa ogni santo giorno a fare in modo che la sua autostima non si esaurisca del tutto dietro a decine di verbi da coniugare, fogli A4 da squadrare e espressioni da risolvere. Mi ha mandato le foto delle svariate pagine di grammatica che gli hanno assegnato per lunedì, in aggiunta a tutto il resto delle materie. Le ho risposto che non riconosce la fortuna che ha avuto: almeno suo figlio non passerà il tempo davanti alla tv.