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Cascina Merlata è un quartiere decisamente suggestivo. Ricorda uno di quei rendering che gli studi fighi di architettura pubblicano sui social e sulla cartellonistica presso gli uffici vendita per commercializzare i loro progetti, con gli omini finti che stanziano negli spazi comuni. Tra aspettative e realtà c’è spesso un margine di differenza dovuto a svariati fattori ambientali che condizionano poi la fase costruttiva e l’effettivo utilizzo dei complessi. In questo caso, invece, il risultato – in quanto a virtualità – è addirittura superiore alla più realistica delle anteprime digitali. Ho già sentito più persone definirla scherzosamente Hong Kong e non vi biasimo. L’alternanza di grattacieli progettati con tutti i crismi in chiave green a spazi verdi per la socialità ricorda i paesaggi di certi quartieri dormitorio delle megalopoli orientali, quelle che abbiamo visto deserte nei servizi dei tg a ridosso dell’esplosione della pandemia. La fredda perfezione degli agglomerati urbani ecosostenibili trasmette infatti una modernità priva di anima. Manca infatti ancora la componente umana che poi dovrebbe funzionare da collante tra l’ambiente come è stato pensato sulla carta (anzi, sul modello BIM) e la quotidianità.

Transito nei pressi del nuovo quartiere di Cascina Merlata ogni giorno in auto per andare a scuola, anche se lo attraverso da sotto, e l’effetto della skyline multicolore prima di inabissarmi nella galleria sotto la rotonda non è per niente male. Poi ho trascorso una serata al Mare Culturale Urbano, qualche giorno fa – abbiamo festeggiato il 92 di mia figlia alla maturità classica – e ho avuto la conferma di tutte le emozioni che il posto mi ha suscitato a distanza. C’era davvero un sacco di gente a cena, famiglie e comitive con pargoli al seguito che consumavano la pizza d’asporto sulle panchine del parco e giovani che approfittavano della vasta offerta di birre, il tutto con il contrasto che ci si aspetta in un sobborgo due punto zero di periferia, ovvero le strade intorno – ancora in fase di cantiere – deserte.

Ho parcheggiato su un ampio marciapiede in prossimità di un edificio in costruzione e, in risposta, ho trovato un volantino di un comitato di quartiere sul parabrezza in cui venivo giustamente redarguito circa lo scarso senso civico del gesto. A Milano è la (pessima) norma. Per questo ho apprezzato l’iniziativa. Ho immaginato la ronda di proprietari dei nuovi appartamenti che, con l’obiettivo di prevenire abitudini selvagge in una zona che si prospetta ad altissima densità abitativa e di fruizione nel prossimo futuro, scoraggia in partenza gli analoghi fenomeni di degrado urbano provocati dal popolo degli apericena che già hanno reso infernale la vita del centro e delle altre zone afflitte dalla gentrificazione. Chiamatela come volete, ma a me la delocalizzazione del divertimento di massa mi sembra tutto sommato un modello vincente per abbattere la pressione in centro. Fatevi un giro in zona Bicocca. Nonostante l’università e gli uffici, è un mortorio. Cascina Merlata è altrettanto periferica e il rischio di dimenticarsene è reale. La differenza è che è stata oggetto di pianificazione più attenta (e più attuale) e per mantenere un equilibrio tra vivacità e movida le iniziative di prevenzione possono risultare efficaci.

La sera successiva ho partecipato a uno spettacolo di “Estate al Castello” e, al termine della formidabile pièce di Corrado d’Elia su Beethoven, ho avuto l’opportunità di valutare l’esperienza di Cascina Merlata mettendola in confronto con il centro, i milanesi doc, i turisti e tutto il resto. Ogni metropoli è fatta così, con parti che non si somigliano tra loro e quartieri nuovi di pacca che invece sembrano tali e quali a zone che abbiamo fotografato in altre città in Europa e nel mondo. Territori di mezzo che fanno da tramite ad altre aree inglobate nei comuni del circondario per poi assottigliarsi per confondersi con un centro diverso. Piccoli paesi che ingenuamente rivendicano una loro identità ma dei quali ormai, già oggi, resta quasi nulla, impigliati senza ritorno nella tela della metropoli che segue il suo corso naturale. Tutti aspetti che, però, rendono Milano ancora più affascinante. Io, da qui, spero di non andarmene mai più. E, se avessi saputo, sarei arrivato prima.

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