Mai e poi mai avrei pensato che, un giorno, sarei diventato un insegnante di matematica. Vanto svariate umiliazioni al liceo compensate, però, da un’appagante tesi di laurea sulle Metamorfosi di Ovidio. Il fatto è che alla primaria i nuovi arrivati prendono il primo posto libero – due insegnanti per classe a coprire le due aree disciplinari – e non c’è abbastanza margine per fare gli schizzinosi. L’impressione che mi sono fatto io è che noi della popolazione docente di quest’ordine scolastico ci somigliamo un po’ tutti, un’opinione rafforzata dal fatto che il mio collega responsabile dell’area stem della secondaria del comprensivo in cui insegno, si lamenta un po’ della preparazione in matematica dei ragazzi che arrivano, ogni anno. Non tanto che siano scarsi, piuttosto che siano poco pronti a mettere le competenze acquisite in pratica.
L’indole media dei docenti della primaria forse è più umanistica, e il risultato è che l’intelligenza numerica degli studenti rischia in coerenza con il resto perché stimolata di meno, frutto di una didattica meno appassionata, variegata e divertente rispetto alle lettere proprio perché – e mi ci riconosco – in linea con una vocazione figlia di un dio minore. Il problema sarebbe da prendere alla radice, con lauree magistrali di didattica della matematica ad hoc per la scuola primaria. Posso però immaginare un professionista con un grado di formazione di questo tipo alle prese con le riunioni di programmazione tra colleghi, quando si trascorrono ore a decidere – in venti – se per la verifica parallela di fine quadrimestre è più opportuno dare come operazione 22+9 o 34+7.
C’è un equivoco di fondo, e cioè che contare e riconoscere e usare figure geometriche sia una astratta speculazione e non, invece, una tecnica di sopravvivenza alle insidie del mondo, a partire da non farsi fregare con il resto quando si compra un gelato al bar dello stabilimento balneare o – da grandi – a ordinare una metratura di reticolato adeguata al perimetro del proprio giardino.
C’è poi un ulteriore spunto di riflessione. Il programma di matematica sembra così entry level che io passo il tempo a pormi dei dubbi su cose che faccio automaticamente. Insegnare matematica ai bambini è una rogna, ve lo posso assicurare, ed è per questo che nessuno lo vuole fare, chi lo fa lo fa a cazzo, ed ecco perché, quando crescono, i ragazzi che scelgono la carriera scientifica per passione – e non perché l’unica in grado di attirare l’attenzione delle aziende – sono in netta minoranza. Finché ci saranno insegnanti come me, prestati alla materia da un’organizzazione che non ha ancora preso provvedimenti su come garantire standard di reclutamento del personale adeguati, la scuola italiana sarà così.
Dimenticavo: manco a dirlo, parlo per me. Poche cose mi irritano come non poter spiegare le moltiplicazioni con i numeri decimali non potendo incolonnare i fattori nella corretta posizione come si fa con le altre operazioni. Fosse per me, la virgola starebbe sotto la virgola, la parte intera tutta da una parte, quella decimale dall’altra, centinaia sotto centinaia, decine sotto decine, unità sotto unità, decimi e centesimi idem. Se non altro, anche solo per un principio estetico, per non parlare di ordine e chiarezza.
Un’altra patata bollente è la scelta delle attività da assegnare. L’Internet pullula di blog di insegnanti che condividono schede e lavori di ogni tipo. Il mio consiglio è di controllare tutto, prima che la fretta – la stessa che vi ha fatto preferire una verifica pronta all’uso compilata da uno sconosciuto a una pensata e costruita da voi su misura – non vi metta a rischio di errori che poi, in fase di esecuzione in classe, mandano in vacca la prova.
Mi è capitato qualche giorno fa, con una scheda scelta dalla coordinatrice di interclasse per una prova comune di fine quadrimestre. Un esercizio di confronto tra numeri – il solito maggiore minore e uguale – in cui si chiedeva – tra gli altri – se il confronto 04 = 4 fosse vero o falso. Si è aperto un dibattito tra i sostenitori delle due fazioni. Io ho dato per certo che la risposta corretta fosse vero. Lo zero vale zero e se digito 04 su qualunque calcolatore lo intende come 4. Molti, invece, hanno espresso contrarietà: 04 non è un numero, non si scrive così, quindi l’uguaglianza non sussiste. Uno pensa che la matematica non sia un’opinione, una tesi a cui è stata dedicata persino una frase fatta, e invece la scarsa preparazione induce a mettere in discussione anche le cose più scontate. Spero tanto, al prossimo ciclo, maturata un po’ di anzianità, di riuscire a passare dalla parte giusta.