Se siete affetti dall’ostalgia, questi non sono certo i tempi migliori per scriverlo da qualche parte, a meno di voler dichiarare che si tratta di una storia chiusa. Ormai è una passione che è meglio coltivare nel segreto delle vostre case, magari davanti alla tv per seguire programmi come “Le automobili d’oltrecortina”, andato in onda ieri pomeriggio sul mio canale preferito, che è Rai Storia. A chi, come me, non mastica la lingua tedesca, resta il dubbio senza risposta se ci sia qualche analogia etimologica tra Trabant e trabiccolo, e perdonate l’allitterazione degna dei trentatré trentini trotterellanti verso Trento. Al netto delle tessere della FGCI, da non confondere con la FIGC, l’organizzazione che si contendeva, con quella rossa delle due, i giovani quando ero giovane io, il mio è un puro e ingenuo invaghimento estetico. Pensate solo se fossimo costretti ad attendere anni dal momento in cui prenoti una macchina al giorno in cui puoi passare a ritirarla in concessionaria. Ma forse quello che stiamo vivendo non è nemmeno il momento adatto per paragoni di questo tipo, giacché ho sentito di dodici mesi di attesa per una Tesla. E mentre oggi questo succede per tutti i blocchi commerciali dovuti alla straordinaria combo covid+guerra mondiale, ai tempi dell’Unione Sovietica era la prassi. Il documentario di cui consiglio la visione trasmette l’affetto irrazionale del genere umano per i veicoli semoventi soprattutto quando è difficile procurarsene uno, che va letto – a mio modesto parere – come l’innato piacere che si prova nello spostarsi portando con sé parti della propria vita stanziale. Insomma, a qualunque longitudine siamo figli delle popolazioni nomadi non certo per volontà propria, costrette da mutamenti ambientali e climatici o, nel peggiore dei casi, da altre popolazioni a loro volta in cerca di un posto al sole ma più forti e agguerrite, a muovere le tende altrove. Un istinto che sfoghiamo al volante. A me piace viaggiare in auto ma solo perché anch’io l’ho appena cambiata, e sono consapevole del fatto che, quando la mia nuova Suzuki avrà l’età della Opel che ha appena soppiantato, tornerò a sposare la causa della sedentarietà, dello stare sul divano ad ascoltare dischi, dello schifare le code in autostrada. Buon viaggio.