Era già trascorso almeno un quarto d’ora, la formatrice non aveva ancora fatto alcun cenno a ritmo e movimento a tempo sulla musica e mi stavo spazientendo. La cosa mi sembrava troppo strana e, trattandosi di un corso pensato per migliorare l’approccio educativo con gli alunni diversamente abili, ho cercato di convincermi che l’insegnante di danza che ci stava presentando il suo modulo intendesse sottolineare che, in una visione di Universal Design in cui occorre progettare la didattica per tutti in partenza già inclusiva, una disciplina basata sull’ascolto e sul ballo dovesse cambiare paradigmi a favore di sordi, ciechi o persone con difficoltà motorie. Una specie di silent disco al contrario, non so se mi spiego. (Una nota per i paladini del politically correct. So per certo che i sordi preferiscono essere chiamati sordi. I ciechi non lo so, ma vado per analogia. Ma torniamo al corso).
Le ho rivolto la domanda e sorprendentemente i miei sospetti sono risultati infondati. Semplicemente non ci era ancora arrivata. Ho tirato un sospiro di sollievo, perché la consapevolezza di essere fuori posto poteva essere frutto di quella rigidità a cui siamo destinati tutti, quando cominciamo a essere anziani. C’era però un precedente e risaliva a dieci minuti prima. Alla domanda “che cos’è per te la danza”, con cui la formatrice aveva esordito presentandosi ai partecipanti al corso, la risposta che mi ero dato non si riferiva a concetti come armonia o libertà di espressione e tutte le altre minchiate che i colleghi scrivevano sulla chat di Zoom. Danza e ritmo, per non parlare di danza e musica, sono inscindibilmente legate.
E, se non lo avete ancora capito, il mio punto di vista è ancora più radicale: senza la musica non esisterebbe proprio, la danza. E pensate a quante sono tutte le cose di cui dovremmo fare a meno in un mondo senza suoni strutturati. Perché le onde del mare, il battito del cuore e tutte le altre forme musicali naturali e ricorsive che ci circondano sono belle e tutto quanto ma non è che possiamo ascoltare tutta la vita dei dischi con la pioggia e il vento e le cascate del ruscello e gli uccellini. Alla lunga la natura da sola rompe i maroni ed è per questo che hanno inventato le chitarre elettriche e i sintetizzatori.
In questa visione, in cui la musica è alla base della vita, è straordinario quanto l’insegnamento dell’arte musicale nella scuola passi in secondo piano persino rispetto a cose come le proiezioni ortogonali, i sumeri, le proprietà delle operazioni (che nessuno utilizzerà mai nella vita), certa letteratura del seicento, il quadro svedese e persino i muschi e i licheni. Alle superiori si studia la storia dell’arte senza nemmeno specificare che è l’arte visiva quella che si studia, dando per scontato che l’arte sono solo pareti e tele imbrattate, e in cinque anni non c’è nemmeno l’ombra di una lezione di musica, di storia della musica, di guida all’ascolto. Non pretendo certo si parli di Stravinsky, di Bruno Maderna, di Orlando di Lasso, dei Massive Attack. Ma Bach, dio santo. Miles Davis. Ennio Morricone. Perché al liceo ci sono due ore di storia dell’arte visiva alla settimana e nemmeno uno straccio di lezione di storia della musica? Che cosa ha in meno al musica rispetto alla letteratura, all’informatica, allo sport? Che male vi ha fatto, la musica? Troppo difficile per essere un argomento di cui parlare? Troppo complesso per esser preparati a farlo?
Non è certo per coincidenza che, la sera stessa, sono andato a vedere al cinema il film dedicato al maestro Morricone, diretto da Tornatore e prodotto, pensate un po’, da Wong Kar Wai, per sincerarmi e appurare che si tratti di una vera e propria agiografia della musica e ritrovare un po’ di serenità.
Perché Ennio Morricone è un sacerdote, più che un profeta, della musica. Il film su Morricone ci fa capire il primato della musica su tutte le altre arti e già vi vedo tutti ad alzare il dito per interrompermi e dire la vostra per sostenere che non è una gara, non c’è un’arte migliore dell’altra ed è tutto molto bello. Mi spiace per voi ma non è così. Ci sono pittori pazzeschi che interpretano con la loro disciplina e le loro tecniche la realtà. Fotografi che riproducono quello che vedono in una maniera che lascia senza fiato. Registi che ti portano in una dimensione parallela.
A differenza di tutto questo, la musica inventa qualcosa che prima non c’era, ed è una cosa che possiamo fare con la voce o, se ci mettiamo studio e abnegazione, con uno strumento. Non avete idea del lavoro che c’è dietro. Morricone è stato un compositore con una preparazione sorprendente che ha messo la sua dimestichezza con la composizione e l’esecuzione al servizio della sua sensibilità artistica, dando vita a entità e organismi che prima non esistevano nel mondo che abitiamo. E lui, come altri musicisti che sembrano davvero di un altro pianeta, lo ha fatto in un modo che non ha precedenti. Ci sono diversi aspetti, nel film di Tornatore, e quindi nella vita e nella carriera di Morricone, che meritano di essere ricordati. Ne cito solo alcuni per non spoilerare troppo e non togliervi il piacere del film.
Intanto Morricone ha inventato l’arrangiamento. I suoi ricami armonici e melodici hanno conferito alle canzonette degli anni sessanta una dignità che oggi i più preparati producer nemmeno si sognano. Poi, se siete come me appassionati dell’estetica di quel periodo, pensate all’influenza che ha avuto con le sue trovate stilistiche. E infine il rapporto stretto con il video, che ai tempi si chiamava cinema e che adesso non esiste più, se non nei film come quello di Tornatore che parlano del cinema che ora non esiste più. Accostare musica a immagini è una pratica difficilissima perché comporta una doppia traduzione, una sorta di commento in tempo reale di ciò che si vede con l’aggiunta di un interprete che trasforma il tutto in una lingua straniera per essere comprensibile, assimilato e digerito fino a spingersi in profondità nella sensibilità del destinatario. Una pluralità di piani di significati e significanti, di codifica e decodifica di messaggi che non ha paragoni. Andate al cinema a vedere il film su Morricone. Ne uscire convinti che il musicista è un essere superiore, e che di tutti quelli che si sono avvicendati negli ultimi tempi Morricone forse è stato il più superiore di tutti.