City car è il nuovo modo elegante per dire utilitaria. La mia è meno di una entry level, che è un modo altrettanto elegante per dire morto di fame. L’ho trovata su un sito di annunci di seconda mano e la vendeva un privato con cui ci siamo dati appuntamento in piazza Brescia per un giro di prova. L’auto era davvero senza pretese e io mi sono recato all’incontro con aspettative ancora inferiori, quindi c’è voluto poco per convincermi a chiudere l’affare. Il fatto è che si sono presentati in due dicendo di essere padre e figlio e che la macchina era proprio quella del più giovane, neopatentato, a cui il genitore voleva acquistare una vettura più dignitosa. I due, però, non si assomigliavano per nulla e la esigua differenza di età rendeva il loro rapporto parentale piuttosto improbabile. Ho pensato però che, trattandosi di stranieri, avessero usanze e stili di vita differenti da quelli italiani. Tranquilli, non sono stato truffato perché la macchina in questione funziona benissimo tutt’ora e continua ad essere perfetta per lo scopo per cui l’ho presa, con un rapporto qualità-prezzo davvero vantaggioso. Comunque, prima di chiudere la trattativa, mi sono rivolto a una amica assicuratrice che – da una ricerca sullo storico dei proprietari – ha scoperto che l’auto che stavo per comprare era ferma da mesi mentre, da come l’aveva raccontata il venditore, veniva utilizzata quotidianamente dal sedicente figlio. Non so perché i due avessero messo in pista questa sceneggiata. Forse pensavano di rendersi più credibili, in uno scenario in cui essere stranieri è ancora sinonimo di vivere grazie a espedienti. Addirittura si sono inventati al momento di avere un cane per giustificare la presenza di peli (malgrado l’abitacolo fosse perfettamente pulito) sul pianale del lunotto posteriore. Ho ripensato a questa cosa dopo aver visto l’ultimo spot di segugio.it. Un tizio offre un passaggio a due conoscenti e, al momento di ripartire, uno di questi (spero l’uomo seduto dietro, e non l’avvenente passeggera) molla una scoreggia. Io penso di aver visto di tutto in pubblicità, ma uno storytelling così truce non mi era mai capitato. Il bello è che subito dopo si vede il cane che fiuta l’inequivocabile cambiamento d’aria e introduce il claim con cui la compagnia (sedicente giusta) si distingue. Conosco certi padroni di cani che hanno cani così maleodoranti che, nella loro macchina, è impossibile salire. Quindi non saprei dire a cosa porti questa gara a chi puzza di più e a chi fa lo spot peggiore. Lo spot, però, l’avrei chiuso con una battuta: “Non ho scoreggiato! Te lo assicuro”.