I film “Smoke” e “Lulu on the Bridge” hanno molte cose in comune, a partire da Paul Auster e dalla presenza di alcuni attori – Harvey Keitel su tutti – fino al fatto che sono tra i miei preferiti di sempre (“Smoke” occupa il primo posto assoluto dall’anno in cui è uscito). C’è un ulteriore trait d’union tra le due storie. In entrambi i film i protagonisti – il tabaccaio Auggie Wren e il sassofonista Izzy Maurer – oltre ad avere la stessa faccia agiscono d’impulso. È l’impulso a indurre Auggie Wren a restituire il portafoglio alla nonna del ladruncolo che ha tentato di rubare le riviste porno nel suo negozio (per non parlare di quando si appropria della macchina fotografica nel bagno del ladruncolo con la quale scatterà la stessa foto ogni giorno dallo stesso punto all’ingresso della tabaccheria) ed è l’impulso che spinge Izzy Maurer a impossessarsi della valigetta rinvenuta a fianco del cadavere di Stanley Mar in cui troverà il numero di telefono di Celia Burns e la pietra magica con il segno rosso. Mi piace quando gli scrittori e gli sceneggiatori fanno agire d’impulso i loro protagonisti perché sono le vicende anomale, le coincidenze, le cose che nelle nostre esistenze ordinarie non accadranno mai a nutrire la passione dei lettori e di chi cerca l’evasione al cinema. “Smoke” e “Lulu on the Bridge” sono due film vecchi che rivedo ogni estate perché l’estate è una stagione senza tempo. Al netto delle peculiarità di quella che stiamo vivendo ora – mascherine, green pass e insulsi novax – quella del 2021 potrebbe essere un’estate qualsiasi delle cinquanta e più che abbiamo trascorso nella nostra vita, e i nostri film preferiti restituiscono sempre la stessa sorprendente esperienza indipendentemente da quanti inverni abbiamo sul groppone. Le riflessioni che storie come quelle ci suscitano meritano però, ogni volta, risposte differenti? Avrei restituito il portafogli alla nonna? Avrei sottratto la ventiquattrore incustodita? Una volta, durante un lungo viaggio in treno, mi sono accorto che il passeggero di fronte a me aveva dimenticato la sua valigetta in pelle sulla cappelliera e si era dileguato. Non vedendolo tornare e pensando che fosse già sceso, ho deciso senza pensarci troppo di verificare se dentro ci fossero indicazioni sul suo proprietario. Ho aperto la valigetta ma ho trovato solo dei fogli di appunti scritti a penna e un paio di calzini in filo di scozia marroni arrotolati. Così ho avvisato il capotreno per avere indicazioni ma, proprio mentre gli spiegavo la situazione, il proprietario della ventiquattrore è rientrato al suo posto, dopo una cena alla carrozza ristorante. Mi sono giustificato per aver curiosato dentro ma a fin di bene e lui si è messo a ridere per il contenuto di nessun valore della valigetta, scusandosi per essersi tolto i calzini per il caldo e averli riposti nella ventiquattrore. Vedete? Anche noi agiamo di impulso ma in cambio non sempre abbiamo l’ispirazione per scrivere qualcosa.