Ogni calendario editoriale, in questi giorni, non dovrebbe esimersi dalla ricorrenza dei tragici fatti del G8 di Genova. Vent’anni fa si è consumato un episodio di una gravità inaudita, non a caso si parla di sospensione della democrazia e dei principi della costituzione. Nel luglio del 2001 vivevo ancora a meno di un km dai confini della madre di tutte le zone rosse, nei pressi della stazione di Genova Principe. Era tutto diverso e non saprei da dove iniziare per spiegarmi il perché. Il bello di tenere un blog da tanti anni è che, quando vuoi scrivere qualcosa su qualche argomento, sicuramente lo hai già fatto. Così ho trovato questa specie di racconto, pubblicato in occasione del decennale degli scontri, in cui avevo raccolto una serie di reminiscenze di allora. Inutile dire che mi ero scordato di alcuni dei dettagli che avevo scritto, e rileggermi oggi è stato ancora più toccante di quanto pensassi, non certo per la mia prosa ma per ricostruire le poche cose di cui ero stato testimone.
Ieri sera Raitre ha trasmesso il “Concerto ritrovato” di De André e la PFM, un documento di un forte valore artistico e storico che, nel caso ve lo siate perso, potete rivedere qui. Che cosa c’entra con i fatti del G8? Nulla, se non perché è la registrazione di una tappa di quel tour pazzesco tenuta al Palasport di Genova, ora al centro di una ristrutturazione insieme a tutta l’area fieristica. Nel film si vedono un po’ di caruggi, si vede De André, e per questo ho inteso la prima parte del palinsesto serale del 20 luglio di RaiTre come un tentativo di rendere omaggio a una città sfregiata senza ritorno dagli eventi di vent’anni prima. Un’amica su Facebook però mi ha fatto riflettere sulla scelta di mostrare una testimonianza così toccante – non solo per un genovese – proprio nell’anniversario della morte di Carlo Giuliani, commentando l’iniziativa con “la Genova che fa comodo trasmettere”. Ieri sera ci sono rimasto un po’ male, ma a freddo mi sento di darle ragione. Avrei preferito che RaiTre invertisse la proposta dei due programmi della serata, le due facce della mia città, facendo precedere il concerto di PFM e De André con il reportage “Frontiere” dedicato proprio al G8 di allora, in alcuni passaggi un po’ paraculo ma, nell’insieme, sufficiente per chi è ancora a digiuno di quanto successo.
Un’ultima cosa. In quei giorni di luglio del 2001 e nelle settimane che seguirono ho tenuto tutti i quotidiani e le pubblicazioni con cui mi informavo. Uno scatolone di copie de “Il Manifesto”, “Carta”, “Diario”, “Internazionale” e “L’Espresso” che conservo tutt’ora. Qualche giorno fa sono sceso in cantina con l’intenzione di portarmi tutta la rassegna stampa in casa, fare un po’ d’ordine nel materiale e digitalizzare il tutto per dare il mio contributo alla ricorrenza. Ho scannerizzato e passato con l’OCR qualche articolo fino a quando ho notato una specie di vignetta, una di quelle cose che oggi vanno tanto di moda sui social. Carlo Giuliani morto, una chiazza di sangue sull’asfalto a forma di stivale, lo slogan “L’Italia che ho in mente” in voga allora. Ho rimesso tutto via, ho riportato lo scatolone in cantina e ho pensato che non sono ancora pronto. Fate finta che l’abbia fatto. Vi rimando così all’iniziativa di Indymedia e alla sua macchina del tempo che sta riproponendo tutto, come allora, e molto meglio di come avrei fatto io. Per quanto riguarda me, ci rivediamo tra dieci anni.