Abbandonato a fianco del contenitore giallo degli abiti usati, a pochi metri da casa mia, c’è una borsa di plastica stipatissima di giochi per bambini. Il fatto è che il cassonetto dovrebbe raccogliere solo indumenti e non capisco il nesso. Non è mica una discarica di qualunque cosa ci si voglia liberare. Basta però riflettere qualche istante per comprendere il procedimento che ha spinto l’ignoto benefattore a lasciarla lì. Accade ogni tanto che i contenitori gialli degli abiti usati attirino le visite di qualche bisognoso, pronto a rischiare una contravvenzione e a mettere in pericolo la propria incolumità, considerando come si apre e si chiude il meccanismo di deposito, piuttosto che a rivolgersi alle strutture che ritirano e distribuiscono ai più poveri i vestiti di seconda mano. Il proprietario dei giocattoli deve aver pensato proprio a qualche genitore desideroso di portarsi a casa, oltre a un guardaroba rinnovato a costo zero, una bella sorpresa per i figli. Si sarà immaginato un padre e una madre rientrare con jeans firmati e scarpe alla moda gettate da qualche sprecone con in più un Monopoli come bonus, e bambini felici che si divertono vestiti di tutto punto in un appartamento dimesso di un quartiere popolare.
Questo spiegherebbe anche il motivo per cui l’intera borsa di plastica non sia stata riposta dentro al contenitore, un gesto in più che avrebbe messo al sicuro le parti più delicate e le scatole dei giochi dai temporali estivi che, almeno da queste parti, ricorrono con certezza ogni sera, per non parlare delle deiezioni dei cani.
Non è la prima volta che il contenitore giallo si circonda di oggetti che non dovrebbero essere lasciati lì. Qualche giorno fa c’era un seggiolino per auto, a conferma del fatto che chi fa la carità in questo modo poco efficace associa il concetto di indigenza a famiglie con prole e automunite. Tempo fa addirittura è comparsa una poltrona da salotto, in pelle marrone scuro e con i cuscini così logori da lasciar fuoriuscire il riempimento in gommapiuma. Il cerchio così si chiude: è chiaro che ci sono cittadini poco informati (o poco rispettosi) che confondono questo tipo molto rigoroso di raccolta differenziata con una stazione outdoor ove abbandonare oggetti ingombranti, con l’idea che gli addetti alla pulizia delle strade siano paladini del decoro urbano che caricano tutto, indipendentemente dal tipo di rifiuti che devono recuperare con il mezzo in dotazione al momento.
Nel sacco dei giochi ho notato però una tombola che possedevo anch’io, da bambino. Un modello, ai tempi evoluto, in cui le cartelle da distribuire ai giocatori si collocavano in alloggiamenti in plastica color écru e magenta dotati di fessure con sportellini richiudibili. Anziché impiegare fagioli o qualunque altro legume sui numeri estratti presenti sulla propria scheda era sufficiente muovere lo sportellino e occultarli. Ci pensate? Sarebbe fantastico se potessimo avere queste griglie per coprire o scoprire parti di cose nella vita, come il pulsante “vedi meno post come questo” sui social che ti mette al riparo dalle informazioni più scomode o, in generale, poco in linea con la tua sensibilità. Da qualche giorno – per fare un esempio – rimbalza tra una testata e l’altra la notizia secondo cui Amazon manderebbe al macero milioni di prodotti invenduti per risparmiare sui costi dei magazzini. Uno si immagina tutta la gadgettistica o le cineserie da pochi Euro che ci durano il tempo che meritano, invece ho letto qualcuno di questi articoli e si parla anche di articoli di valore.
Io però non lo credo possibile e così ho scelto di vedere meno post di questo tipo. Poi mi sono immaginato interi pallet di computer e tv abbandonati nei pressi dei contenitori gialli degli abiti usati come quello sotto casa mia. Ho pensato che non può essere vero, perché se Amazon avesse davvero milioni di prodotti invenduti troverebbe una soluzione come la persona che ha abbandonato lo stesso modello di tombola con cui giocavo da bambino e che sono stato tentato di portarmi a casa. Poi però ho notato, poco più a lato, un bambolotto dalle sembianze raccapriccianti, avvolto in una tutina da neonato e delle dimensioni di un bambino vero, con i capelli tutti arruffati e gli occhi parzialmente chiusi. Stavo per scattare una foto di forte condanna etica da postare su Instagram – avevo fatto lo stesso con la poltrona squarciata alla mercé del piscio dei cani del quartiere – ma poi ho desistito. Ho puntato l’obiettivo dello smartphone ma, immediatamente, ho provato una sgradevolissima sensazione.