Piove ogni giorno alla stessa ora, c’è gente che sfreccia in monopattino ovunque, ce ne sono altre che camminano in fretta con la mascherina. Se qualcuno dall’altra parte del pianeta si chiedesse che cosa succede dall’altra parte del pianeta, cioè qui da noi, questo potrebbe essere l’inizio di una storia. Ma mi accontenterei se fosse il testo di una risposta da inserire nella seconda edizione del libro che raccoglie molte delle e-mail che ho inviato dalla casella di posta dell’ufficio in cui lavoravo prima. D’altronde la letteratura epistolare è vecchia quanto la scoperta che si possono tessere relazioni a distanza. Ora si fa presto, grazie a Internet, ma non per questo le conversazioni in differita come le conoscevamo prima sono cessate. Il mio editor ne ha approfittato per togliere quelle più laconiche, con risposte tipo “perfetto, grazie” oppure “ok” ma, a onor del vero, erano davvero poche. Impegnarsi nella scrittura in modo cordiale ed esaustivo, oltreché puntando sulla correttezza della forma, può aprirvi molte opportunità in questo caos di scrittori e self publishing. Ho insistito però affinché fosse mantenuto un ricco scambio raccolto in un’unica e-mail in cui, a causa di inoltro a terzi estranei al carteggio, avevo lasciato per errore un paio di considerazioni poco rispettose dell’interlocutore. Si trattava di un cliente e per fortuna che non sono state mai lette dall’interessato, probabilmente avrei perso il posto. Peraltro il format, un po’ come accaduto per le lettere degli apostoli o le ultime – più celebri – di Jacopo Ortis, è molto più accessibile rispetto a un romanzo e se proprio non trovate uno spunto su cui lavorare ve lo stra-consiglio per tenere alta l’attenzione sulla vostra attività. Sto lavorando proprio a un romanzo su uno scrittore che fonda la sua nuova vita post-pandemia dando alle stampe un po’ di scambi sui social a cui si è dedicato durante lo scorso lockdown. Ora sono al punto in cui, terrorizzato dall’imminente nuovo blocco totale per la variante delta, decide di trasferirsi nella seconda casa, cosa che io non farei mai perché non ho una seconda casa e, nel caso, non saprei con che mobili arredarla. Dice mia moglie che un conto è affittarla, un conto possederla e personalizzarla. La proprietà infatti induce le persone a considerarla una sorta di emanazione dei principali spazi che siamo abituati ad abitare. Pensavo di attribuire al protagonista una turba causata dal remote working, quella di tenere la mascherina per non sentirsi costretto a indossare un ponte di denti finti e poter parlare da solo, per strada. Vedremo.