Letteralmente, almeno secondo Google Translate, edifici nuovi che crollano. Non sapevo che ci fosse un progetto per demolire la diga di Begato, una specie di vele di Secondigliano ma alla periferia di Genova, un po’ meno malfamate ma altrettanto ecomostruose. Una vera e propria diga considerata abitabile appoggiata a serrare due lembi di una vallata, l’apoteosi degli edifici tipici dei dintorni del capoluogo ligure con tutti i saliscendi e gli ingressi da sotto e da sopra e da mezzo, ma con l’aggravante delle case popolari, delle dimensioni inutilmente esagerate e del pugno nell’occhio dal punto di vista cromatico (e nello stomaco, dal punto di vista emotivo). Posti che, davvero, ad ambientarci delle riprese video il ricorso alla musica degli Einstürzende Neubauten sembra il minimo.
Ho letto solo oggi su Repubblica dell’iniziativa di radere al suolo quell’oscenità architettonica e non immagino la difficoltà di sgomberare un vero e proprio quartiere racchiuso in un unico mega-condominio. Tanti anni fa seguivo un ragazzino problematico nelle attività scolastiche che abitava proprio lì. Appartamenti a parte, il complesso aveva spazi comuni interni ed esterni più che inquietanti. Ricordo lo stato d’animo quando mi trovavo da solo sulle scale, in ascensore o sul tetto che congiungeva le sommità delle due colline, il punto preferito dai ragazzini della zona. La vita da quelle parti non era uno scherzo, e la famiglia di Christian era perfettamente in linea con il disagio che si percepiva. La diga di Begato si vede dall’autostrada, venendo da Milano. O, almeno, si vedeva. Chissà come sarà il panorama, d’ora in poi.