La recente lettura del romanzo “La valle oscura” di Anna Wiener, il racconto dell’esperienza dell’autrice nel mondo delle start-up digitali e nella valle del silicio, mi ha permesso di riflettere sul mio primissimo impiego nella bolla Internet e sul fatto che, per un vasto periodo della mia vita, non sono esistite serate o fine-settimana realmente liberi. Non c’era un vero e proprio stacco tra un giorno feriale e il seguente. Piuttosto una pausa variabile tra una consegna e il progetto successivo. Un modello che ha segnato per sempre – almeno fino a oggi – l’idea che ho del lavoro. Fare l’insegnante comporta un approccio simile. Volendo, si potrebbe non staccare mai tra ore in classe, preparazione delle lezioni, attività di ricerca materiali e contenuti, confronto sulle best practice, programmazione e reportistica, commissioni, incarichi extra. Per non parlare del fattore umano: basta una dotazione di sensibilità entry level per portare i tuoi alunni con te nel tempo libero, in macchina, nelle conversazioni con i tuoi famigliari, persino in vacanza. Anche la scuola può trasformarsi in un’esperienza totalizzante, e non venitemi a dire che dipende dalla sfera privata che hai. Ritengo di avere affetti e interessi piuttosto ingombranti e complessi da gestire. Tutto questo accadeva prima dello scoppio della pandemia. Qualcuno poi ha messo in pause la vita e imposto una nuova normalità. Dalla primavera dello scorso anno mi capita di trovarmi a riflettere, in piedi sul balcone di casa e intento a osservare gli inequivocabili segnali delle stagioni che si susseguono nei giardini delle villette intorno al condominio in cui vivo. Penso che è la prima volta nella vita in cui sono costretto a restare immobile. Oggi è stato l’ultimo giorno di didattica a distanza prima delle vacanze pasquali. La mia dirigente ci ha pregato di non esporci con i bambini e con le famiglie circa il ritorno in presenza della prossima settimana. Io però non ce l’ho fatta. Mi sono espresso con la massima cautela ma è stato difficile trattenere l’ottimismo. Se ne sono accorti tutti. Però qui lo posso dire: bambini, vi aspetto in classe. Ci vediamo tra pochissimo.