A questa seconda ondata di didattica da remoto la mia scuola ha ricevuto un numero di richieste di strumenti tecnologici da parte delle famiglie di gran lunga superiore rispetto ai device messi a disposizione dall’istituto e rispetto all’analoga iniziativa avviata in corsa durante lo scorso lockdown. Questo malgrado la precedente esperienza abbia più che dimostrato quanto sia fondamentale dotarsi di un dispositivo digitale in grado di accompagnare l’esperienza didattica dei ragazzi.
Non essendo possibile stilare una graduatoria in base ai fattori propri di una campagna di questo tipo basata su indicatori ISEE o simili (per ovvi motivi di urgenza), si procede privilegiando gli studenti delle classi più alte, quindi a partire dalla secondaria di primo grado, a scendere, con la precedenza a DVA o segnalazioni dei servizi sociali. Nel nostro caso, siamo arrivati a soddisfare le domande solo fino alla quarta primaria. Il punto è che le famiglie che richiedono un pc o un tablet per consentire ai propri figli di seguire le lezioni da casa dovrebbero attivarsi solo in caso di reale impossibilità di provvedere in autonomia. Ma i numeri parlano chiaro e, a conti fatti, la percentuale di richiedenti non risulta realistica. Sono arrivate candidature da nuclei con più figli, per esempio, oppure da genitori che lamentano di avere attrezzatura obsoleta e poco adatta.
C’è poi un fattore tutt’altro che secondario. Contesti famigliari anche abbienti in cui non è mai stato previsto l’acquisto di un dispositivo adeguato. Ragazzini e bambini che partecipano alle videolezioni collegandosi con il telefono, rendendo vano il potenziale delle piattaforme di didattica digitale che offrono – spesso gratuitamente – formidabili tool per ovviare alla mancata presenza in classe ma che, privi di uno schermo sufficientemente ampio e periferiche di input, a partire dalla tastiera, servono poco o nulla. Laddove non si lesina su smartphone di grido, tv di ultima generazione e altra tecnologia da migliaia di euro per l’intrattenimento e il gioco, siamo ancora restii a considerare un buon notebook un investimento in grado di supportare i ragazzi nel loro percorso scolastico. DAD a parte, pensate a quanto può essere utile un computer per le attività da casa e quante opportunità di una scuola diversa consentirebbe. Senza contare che un pc, in famiglia, serve sempre. Capiterà a tutti di dover scrivere un documento, compilare un modulo offline, visualizzare immagini a una grandezza decente.
Eppure le offerte di dispositivi con requisiti sufficienti ad assicurare la didattica a distanza non mancano. Certo, nei momenti di urgenza è facile incappare in qualche fregatura e non è raro che i prezzi aumentino. Per questo sarebbe stato più proficuo per i genitori provvedere a scuole chiuse, durante la scorsa estate, quando le cose sembravano procedere per il meglio ma il rischio di una nuova crescita dei contagi non era del tutto scongiurato. Un buon pc dovrebbe far parte dell’equipaggiamento didattico di ogni alunno tanto quanto libri, zaino e cancelleria. E non vedo perché debba essere a carico della scuola pubblica.