Se avete figli più o meno dell’età della mia, usciti cioè dalla scuola primaria negli ultimi dieci anni, vi sarete imbattuti in quello che spesso veniva indicato come generatore random di giudizi del primo quadrimestre, una sorta di sistema pensato per assemblare (casualmente per i genitori, con un certo metodo a detta degli addetti ai lavori) una combinazione di frasi copiate da una matrice di dubbia provenienza (il ministero? una commissione valutazione? qualche collega mitomane? plagio da analoghi documenti precompilati e pubblicati sul web da un altro istituto comprensivo? davvero un generatore random?) in dotazione ai docenti e incollate sulla pagella con l’obiettivo di trasmettere l’idea che gli insegnanti dei vostri figli hanno a cuore – appunto – i vostri figli e – appunto – i vostri figli non sono solamente un ottimo, un buono, un sufficiente o un insufficiente, tantomeno un valore da zero (che nessuno farebbe mai andare sotto il sei pena lo scatenarsi di un sabba di ricorsi) a dieci.
L’esistenza di una matrice da cui copiare e incollare le frasi per la composizione dei giudizi è da intendersi come frutto della volontà di standardizzazione del processo valutativo in una griglia in cui riuscire nell’impresa di collocare tutti gli studenti nella loro immensa eterogeneità ma secondo i medesimi parametri. Chi non è del mestiere, invece, vive nella convinzione che i giudizi siano alla fine tutti uguali perché – fondamentalmente – gli insegnanti non hanno voglia di fare un cazzo malgrado i quattro mesi di vacanza al netto delle festività natalizie, il carnevale e la Pasqua.
E in effetti, se proprio proprio noi insegnanti facciamo lo sforzo di vedere le cose dal punto di vista degli altri stakeholder della scuola, considerando che la valutazione è o, per lo meno, costituiva fino a ieri l’altro il fulcro della didattica, uno che non è del mestiere può chiedersi (e chiederci) perché non ci sia mai passata per la testa l’idea di personalizzare quei giudizi standard mantenendo l’impostazione di base ma arricchendo l’ossatura, stilando cioè, per ogni caso, un ritratto individualizzato dello studente nella sua esperienza didattica. Vi faccio un esempio.
Matteo ha mantenuto un interesse costante per le attività scolastiche. Buoni sia la partecipazione che l’impegno dimostrati. Ha svolto i lavori con precisione e cura sapendosi organizzare in modo efficace e autonomo. Ha saputo utilizzare i linguaggi delle diverse aree disciplinari adeguatamente rielaborando le conoscenze acquisite.
Smanettando nel back-end del registro elettronico c’è una funzionalità che permette di creare una struttura di giudizio di questo tipo, con un arsenale di aggettivi che variano le frasette suggerite e permettono di ottenere una scala graduata mimetizzata da storytelling educativo. Sta agli insegnanti corredarla di particolari ma, si sa, nel pubblico non tutti sono pronti a prendersi la responsabilità di allontanarsi dalle linee guida. Il motivo? Se a un genitore salisse la fregola di sbandierare gli obiettivi ministeriali e il piano triennale dell’offerta formativa della scuola sotto il naso del dirigente chiedendo lumi circa le discrepanze rispetto al percorso didattico (e conseguente valutazione) proposto al figlio, il dirigente, che per uno stipendio da fame si accolla ogni tipo di responsabilità su tutto ciò che rientra nei confini fisici, morali, legali e digitali della scuola che presiede, si precipiterebbe immediatamente a chiedere la testa del docente inadempiente e, come uno di quei video con le tessere del domino che cadono una sull’altra coreograficamente a perdita d’occhio, si innesterebbe una catena di reazioni nella grande chiesa dell’istituzione scolastica che parte dai sindacati e arriva sino al TAR passando per il provveditorato provinciale e regionale e il consiglio d’istituto. Questo è uno dei motivi – in generale, non solo per la valutazione – per cui chiunque a scuola se ne guarda bene dal prendere l’iniziativa per qualunque cosa e quando – faccio un esempio – fai per buttare nel cestino un cd rom di installazione per Windows 95 marchiato come asset della scuola e che nessuno usa più da – appunto – dal 95, ti guardano come un appestato, considerando che occorrerebbe mettere in moto una catena di attività per lo scarto senza senso per le persone normali, considerate invece sacre dagli ortodossi della pubblica amministrazione. Quindi, per farla breve, i genitori di Matteo, Elisa, Filippo, Rebecca e di tutti gli altri si ritroveranno la stessa solfa sulla pagella scoprendo, al primo confronto nel gruppo Whatsapp di classe, che ogni bambino, agli occhi del sistema valutativo e degli insegnanti, non ha niente di speciale.
Il fatto è che nell’anno in cui la scuola (come tutto ciò che ci riguarda) è stata rivoltata come un calzino da una creatura dalle dimensioni che variano da 50 a 140 nanometri, che a dirla tutta non so nemmeno quanto sia ma l’ho trovato qui, alla primaria è stata messa in atto una trasformazione senza precedenti: voti e giudizi sono stati soppiantati da indicazioni sul livello che lo studente ha raggiunto negli obiettivi di apprendimento definiti nel piano dell’offerta formativa. Chiaro, no?
MA CHE COSA SONO GLI OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO?
È la destinazione, materia per materia e anno per anno, verso il raggiungimento della quale il docente deve guidare lo studente con la sua attività di mediatore tra disciplina e apprendimento. Gli obiettivi di apprendimento sono organizzati in categorie chiamate nuclei fondanti. Per esempio:
classe: seconda
disciplina: matematica
nucleo fondante: risolvere problemi
obiettivo: riconoscere diverse situazioni problematiche individuando possibili soluzioni
oppure
classe: seconda
disciplina: matematica
nucleo fondante: spazio e figure
obiettivo: riconoscere, rappresentare e misurare forme del piano e dello spazio dell’ambiente circostante.
L’insegnante prepara gli studenti in modo da fornire supporto al conseguimento di questi obiettivi, nell’esempio che ho riportato alla fine della seconda. Un percorso che, naturalmente, prevede prove in itinere che vanno valutate. Fino allo scorso anno la scala di valutazione di ogni prova erano i giudizi (ottimo, distinto ecc…) ma due anni fa c’erano i voti. A fine quadrimestre e a fine anno l’insegnante calcolava la media dei risultati e emetteva un giudizio o voto finale per ogni disciplina (italiano, matematica ecc…) corredato da un giudizio globale secondo i criteri che ho riportato sopra.
Ora invece le cose sono cambiate e, per capirle meglio, è bene partire dal fondo. A fine quadrimestre e a fine anno non si valuta più la disciplina ma i singoli obiettivi di ciascuna disciplina, indicando il livello (avanzato, intermedio, base o in fase di prima acquisizione) raggiunto dallo studente, secondo il suo insegnante. Per esempio, in matematica il livello di Matteo per l’obiettivo “riconoscere diverse situazioni problematiche individuando possibili soluzioni” potrà essere avanzato, mentre per l’obiettivo “riconoscere, rappresentare e misurare forme del piano e dello spazio dell’ambiente circostante” potrà essere intermedio. Tutto questo per ogni materia.
Ogni prova in itinere, pensata per testare la familiarità del bambino con gli argomenti trattati, è anch’essa valutata a livelli. Risulta fondamentale infatti superare ogni rimando alla terminologia di valutazione usata in precedenza. Ne consegue che indicatori come buono, sufficiente e ottimo sono da evitare come la peste. Quindi, ancora per fare un esempio, lo svolgimento di una verifica contenente dei problemi riconducibile all’obiettivo “riconoscere diverse situazioni problematiche individuando possibili soluzioni” potrà essere valutata di livello avanzato, intermedio, base o in via di prima acquisizione, chiaramente a seconda di come è stata svolta, come sempre. A corredo del livello sarà fondamentale – sia per introdurre studenti e famiglie al nuovo sistema e sia per conferire autorevolezza a quanto espresso dal docente – approfondire i dettagli a giustificazione del livello attribuito. Se Matteo capisce il procedimento che porta alla soluzione del problema ma sbaglia il calcolo, il livello potrà essere lo stesso avanzato, per dire. Il docente scriverà, a rinforzo della sigla LA (livello A, cioè livello avanzato) che Matteo, vittima di un momento di distrazione, ha comunque centrato la finalità della prova. Il bello è che a fine quadrimestre e a fine anno non ci sarà più nessuna media numerica derivante dall’attribuzione di un valore a ogni livello. Si potrà, al contrario, definire un corposo profilo didattico del bambino e confermare (o meno) i progressi (o la debacle) di cui si è reso protagonista per ogni obiettivo. Tutto questo, ancora, per ogni materia.
Facile intuire quanto il passaggio da un metodo basato su un foglio di calcolo, in cui è sufficiente cliccare sul simbolo corrispondente per avere la media automatica, a una reportistica così particolareggiata sia stato uno shock per noi insegnanti della primaria. C’è molto lavoro in più. Ma è un’occasione da non perdere: finalmente bambini e genitori non faranno di tutto per avere voti alti con ogni mezzo e si estinguerà quella arcaica mentalità di confronto con i compagni di classe. Quanto ha preso Elisa? Quanto ha preso Rebecca? Calcolate qualche anno per trasformare la forma mentis dei docenti e altrettanti per cambiare l’approccio competitivo delle famiglie alla scuola. E poi, finalmente, lo sostengono quasi tutti, quando la macchina sarà a regime qualcuno troverà un nuovo sistema e tutto ricomincerà da capo. Io, però, questa volta sono fiducioso.