Il MIUR dovrebbe mettere a disposizione di ogni insegnante di scuola primaria un magazzino o un deposito in cui conservare i bigliettini e i disegni con dedica che i bambini realizzano mossi da quell’affetto – inspiegabile – che provano per i loro maestri e dalla voglia di dargli forma attraverso la loro percezione della realtà. Ne parlavo oggi con una collega mentre, in aula caffè, entrambi svuotavamo le rispettive cartelle in cuoio scuro – un classico dell’estetica della didattica – di chili di foglietti impiastrati di svariate grammature e tagli, ricevuti in dono dai bambini nel corso dell’anno scolastico.
Il format più comune è quello dei retro di fotocopie sprecate in formato A4. Su un lato un ritratto astratto del maestro al fianco dell’autrice completato da una dedica sgrammaticata. Sei il maestro più bravo del mondo e ti voglio bene sono i grandi classici della messaggistica di classe, il tutto in un tripudio di cuoricini e di operazioni inventate, se insegnate matematica. Dall’altra, una verifica avanzata perché qualcuno quel giorno era assente o, peggio, qualche documento personale stampato inutilmente, portato da casa e messo a disposizione della classe. Io per esempio avevo riciclato diverse risme di fatture provenienti dall’ufficio di mia moglie. I bambini usavano la facciata libera per pasticciare nell’intervallo e molti di quei fogli poi sono stati riposti in cartelletta e portati a casa, con tutti i loro dati sensibili riportati in intestazioni e colonne di Excel in barba alla riservatezza dei dati. Ogni volta che un mio alunno si approvvigionava ripensavo ai miei genitori che avevano la fobia della documentazione domestica gettata integra nei contenitori della carta e si erano provvisti di un trita-fogli, come se la CIA non vedesse l’ora di spiare le bollette del gas o della luce nella spazzatura della gente comune. O, peggio, qualche vicino curioso. Ho però la certezza che nessun genitore dei miei alunni faccia, come secondo lavoro, l’agente segreto o il detective privato. C’è un carabiniere, ma non mi sembra proprio il tipo.
Comunque i disegni con dedica dei bambini mi permettono di avere il polso della classe e di verificare il mio grado di popolarità tra gli alunni. La mamma di Rebecca mi dice che sua figlia adora me e la mia collega di italiano e riporta come dogma tutto ciò che diciamo. Me ne accorgo perché sta diventando fanatica dello stare a scuola e il fatto che capita che ci chiami papà e mamma è il minore dei lapsus.
In genere cerco di non buttare via i biglietti dei bambini perché mi ritraggono sempre molto più giovane di quanto sono. Magrissimo, altissimo e bellissimo e soprattutto esasperano il mio ciuffo corredando la testa con capigliature degne dei Sigue Sigue Sputnik. Sotto Natale, poi, la produzione di foglietti aumenta esponenzialmente e ora ho uno scaffale dell’armadio dove conservo il materiale didattico pieno. Alissa, addirittura, ha creato un cuore con la plastilina, colorandolo e incidendo un’epigrafe d’amore con un punteruolo. Ci sono poi complicate architetture in carta e nastro adesivo create per far sì che il contenuto del messaggio resti ben nascosto all’interno. I bigliettini, a parte gli scherzi, riempiono di gioia perché quando sei adulto nessuno te li scrive più. Io insegno da poco e quindi, finché non è un problema, di gettarli non ci penso nemmeno.