La nonna e il nonno da giovani erano contadini dell’appennino ed è facile individuare i comportamenti che hanno mantenuto invariati anche in città, a partire dalla cirrosi epatica che si è portata via il nonno quando ha scelto, dopo la guerra, di darci un taglio con le vacche e l’orto per fare il carpentiere nell’impresa edile che ha costruito la nuova avveniristica stazione ferroviaria urbana. Pranzano alle dodici e cenano alle diciotto, tanto per cominciare, e nascondono un paio di galline in soffitta per le uova. Il babbo del nonno di mestiere faceva il carbone sui monti in un’epoca in cui ci si costruiva la casa da soli, senza fondamenta e con finestre così minute che nel duemila chiunque ci sbatterebbe la testa, la toilette rigorosamente in un baracchino di legno nei campi e la stalla direttamente accessibile dalla cucina, per sfruttarne tutto il calore. La nonna e suo fratello hanno litigato per una striscia di sentiero a cavallo tra due campi coltivati a patate di proprietà e, da allora, non si sono più rivolti la parola fino alla morte. Comunque, per la cronaca, parla solo in dialetto e per i nipoti con il raffreddore e la tosse prepara una sorta di suffumigi avanzati svuotando ramoscelli di sambuco dal midollo, riempiendoli di camomilla e facendoli fumare come un cilum qualunque, ma cosa aspettarsi dalla moglie di un uomo che prepara gazzosa e vino ai bambini assetati, ancora in età prescolare. Il più piccolo ha scritto persino una parodia di un’opera di Goethe dal titolo “I dolori del giovane” in cui racconta di quanto ha sofferto di mal di gambe, così si chiama in casa, una riduzione famigliare dei cosiddetti dolori della crescita per quelli destinati a superare il metro e ottanta a quattordici anni. La nonna gli friziona gli arti inferiori con l’alcol canforato con un vigore così forte che cosce e polpacci gli vanno a fuoco tanto quanto la pelle quando gli sottopongono il rimedio per il catarro con l’ovatta imbevuta in non so cosa infilata tra canottiera e schiena. Ma nulla è altrettanto logorante del mal di denti, per chi ha preso la conformazione mandibolare ereditaria. Così, quando non ce la fa più, la nonna gli fa inghiottire delle pastiglie tonde e marroni, non più di una per volta, che appena gli vanno giù lo spediscono dritto nel mondo dei sogni. Quando si sveglia, ore dopo, il dolore finalmente si è attenuato ma la sensazione più bella è quella di essere di ritorno da un lungo viaggio, chissà dove.