passo e chiudo

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Alba opera come mediatrice linguistica e alla comunicazione di bambini stranieri che, come se non bastasse per avere difficoltà di integrazione nella scuola italiana, hanno anche parzialmente perso l’udito. Sarà per questo che non capisco mai quello che mi dice e no, la mascherina non c’entra, anche se costituisce un ostacolo al dialogo senza precedenti. Mi parla a distanza di sicurezza sovrastata dal rumore di una classe intera di bambini che già sono encomiabili per l’abnegazione con cui rispettano le regole del distanziamento sociale ma, appena la situazione lo consente, tornano a essere i bambini di sempre, quelli che conoscono a malapena il concetto di autocontrollo. O almeno credo che mi parli, perché resta in piedi rivolta verso di me e vedo che sotto la mascherina qualcosa si muove. Io annuisco con la testa e basta perché, anche se avvicinassi l’orecchio alla sua bocca come accade in condizioni normali, farei fatica a decifrare i contenuti. Comunque, nel dubbio, me ne guardo bene dal superare il metro e venti che impone la normativa e faccio finta di capire. Ci sono sempre più colleghi che accusano i sintomi. Chi non percepisce più gli odori dal naso, chi si sente spossato, chi non si muove dal letto per la febbre alta. Tutto nella norma, per fortuna, perché ci sono casi ben peggiori. L’impressione è che, a differenza di prima, il radar di contagi intorno a noi rilevi sempre più persone positive, che ha un’accezione fin troppo negativa, e riduca sensibilmente i gradi di separazione. Eppure, nel timore di perdere tempo utile, tutto continua a rimanere inutilmente aperto.

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