il re seminudo

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Nei primi cinque minuti del primo episodio della prima puntata di “Romulus” un qualsiasi ragazzo degli anni ottanta frequentatore dei socialcosi corre il rischio di rimanere fidelizzato come in nessun’altra serie televisiva. Senza che nessuno abbia avvisato parte “Shout” dei Tears For Fears cantata da Elisa, che dopo l’incipit immersi nel protolatino e in quell’atmosfera pre-storica si lascia percepire come una banalizzazione pop e una reductio ad ignotas res qualunque. Anni ottanta per anni ottanta, le immagini della sigla allora piuttosto si prestavano molto meglio a “Wild Boys” dei Duran Duran. Si trovano diverse analogie con i personaggi inquietanti che fanno da sfondo al video apocalittico che accompagna il brano. Finita la sigla, non trascorrono cinque minuti che Romolo e Remo ricevono in omaggio un gattino, per la gioia della tribù di Facebook e non solo di quella di Albalonga, e dimostrano di non sapere di che animale si tratti. La serie ci lascia ad intendere che anche la conquista del mondo da parte dei felini domestici cominci proprio nel 753 a. c. e rotti, proprio come l’urbe condita. Sarà un segno da interpretare come il volo degli uccelli? Il punto è proprio quello. Ma davvero i protoromani erano così super superstiziosi? Io mi immagino le popolazioni dell’antichità come gente intenta a portare a casa, anzi, in capanna la pelle ogni sera, considerando che tra appartenenti al genere umano non si andava tanto per il sottile e a procacciarsi il cibo tra caccia e pastorizia i lupi non facevano tanti complimenti a consumare tutto ciò che di vivente si trovavano davanti come pasto. Davvero c’era il tempo per la spiritualità con tutto quel sistema con le vestali e il sacerdote di Marte e i penati e i lari sull’altarino in casa? Un altro aspetto difficilmente immaginabile per noi cittadini del nuovo millennio, anche se momentaneamente costretti a guardare serie storiche su Netflix senza soluzione di continuità causa lockdown, è il modo che avevano questi selvaggi di trascorrere i tempi morti, fermo restando che le aspettative di vita fossero risibili rispetto alle nostre e che, al netto della sopravvivenza, non è che ci fossero poi tutti questi momenti per coltivare hobby e sogni nel cassetto. Nella serie prodotta da Sky si vedono gli abitanti di Albalonga deambulare nello spazio comune tra le varie capanne in un improbabile struscio pre-latino. Come facevano gli antichi senza Internet, senza la micromobilità elettrica, senza la trap, senza le stories di Instagram, senza le canne al parchetto, senza i riders e gli hamburger a domicilio? Che palle la vita nell’ottavo secolo a. c., già stufa vederla alla tele, figuriamoci a trovarcisi in mezzo.

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