Il bello dei romanzi è che isolano gli attimi delle persone che altrimenti sfuggirebbero e nessuno ci farebbe caso. Parole su carta come fotografie, passaggi che puoi tornare indietro a rileggere ed è l’unico modo per bloccare il tempo. Nella vita non succede mica così. C’è un uomo, in un libro, che è fermo al semaforo rosso. Ha tutto il tempo per abbassare il finestrino e torcere il collo per arrivare con lo sguardo fino alla cima del grattacielo di piazza Gae Aulenti. Avete capito in che punto ci troviamo? La considera l’ultima sosta in città prima di tornare in periferia. Se si trattasse di narrativa americana nel paese in cui abita ci sarebbe di sicuro una “Main Street”, che è un po’ come se noi chiamassimo le vie “La prima a destra”, “Oltre il sottopasso” o “La parallela a questa”. Come tutti noi quell’uomo va a periodi. Periodi che durano a malapena fino al punto come il precedente che non è lungo nemmeno una riga. Periodi di qualche minuto, ore, giorni, settimane, mesi e via così fino al secolo perché poi, obiettivamente, non c’è storia. Gli alti e bassi non sono solo una questione di dimensione o di altezza musicale in base al rango che un compositore qualsiasi ti assegna sul pentagramma a seconda della chiave di decodifica che ha scritto a inizio partitura. Ma quell’uomo, a malapena, riesce a intonare melodie elementari. A noi piace pensarlo comunque fondamentalmente sensibile. Gli piacciono gli avverbi. Gli piace far finta di sentire l’odore del fango dal suo balcone, la sera di un giorno di pioggia, proprio come durante il lockdown quando l’aria era così pura che sembrava di essere in montagna. Scatta il verde, l’uomo preme l’acceleratore e nota due scritte fatte con il pennarello su un manifesto pubblicitario. Sembrano due inserzioni speculari lasciate da persone che dichiarano di cercare un amico, seguite da i numeri di telefono di entrambi. Chissà se qualcuno poi li ha messi in contatto. Magari poi si sono fidanzati e sono diventati genitori. L’uomo pensa così di portarsi verso la fine del racconto. Sa che guidare e scrivere simultaneamente è vietato dal codice della strada. Si limita così ad ammonire i due ricordando che quando decidi di fare un figlio sottoscrivi una sorta di patto in cui ti assumi la responsabilità, tra le tante, del mondo che gli metti in mano, del futuro che lo aspetta e di quello che sarà quando tu, genitore, non ci sarai più.