Oggi più che mai nelle scuole – a partire da quelle che frequentano i vostri figli – si sente la mancanza di un responsabile ICT. La mia dirigente mi ha inoltrato decine e decine di email, ricevute durante il lockdown, di aziende che cercavano di liberarsi dei fondi di magazzino spacciandoli in occasioni commerciali per rifilare dispositivi indispensabili per la didattica digitale a un’organizzazione in piena emergenza. Un fenomeno che probabilmente si è manifestato a ogni passaggio cruciale del percorso che la scuola italiana ha compiuto verso la modernità, la tecnologia e la digitalizzazione. Pensiamo infatti all’equipaggiamento medio hardware e software di cui le scuole si sono dotate nel tempo e al fatto che si tratti di materiale che si dimostra obsolescente in pochissimo tempo. Il guaio è che la scuola qualche spicciolo da spendere lo ha sempre, senza contare il fatto che chi lavora nella scuola (proprio perché non ci sono responsabili ICT) ha idee distorte sulla corsa all’adeguamento al resto dei settori produttivi. Questo la dice lunga sul cinismo di un tessuto imprenditoriale che non si fa scrupoli a sparare sulla croce rossa e rifilare dispositivi e strumenti che nessun altro si comprerebbe mai, come se la scuola non fosse frequentata dai figli degli amministratori stessi di quelle aziende che inviano offerte commerciali ingannevoli in momenti in cui invece, alla scuola, bisognerebbe dare una mano tutti insieme e come se quei figli, quando si trovano a fare lezione di informatica, non dovessero mettere le mani su dispositivi che non funzionano.