Il cameriere del ristorante in cui abbiamo festeggiato i novant’anni di mia suocera ci ha riempito di coccole. Il ristorante era una cascina a Milano sud, quei posti in cui per arrivarci corri il rischio che una nutria ti tagli la strada e devi guidare concentrato. C’erano gli animali e l’odore di stallatico. Nonostante ciò, nella carta dei vini non si trovava niente a meno di 35 euro. Che poi non era una vera e propria carta dei vini. Sul tavolo c’erano dei QR Code da inquadrare con la fotocamera dello smartphone che consentivano l’accesso al menu online. Forse era per questo che nella carta dei vini non si trovava niente a meno di 35 euro e allora il cameriere, sentendosi in colpa, ci ha riempito di coccole. L’ha detto lui, mica glielo abbiamo chiesto noi. “Oggi vi riempirò di coccole”, ci ha avvisati mentre mio cognato scorreva la lista nella ricerca di una bottiglia a un prezzo decente e io lenivo l’amarezza della risposta negativa alla domanda se avessero un vino della casa. La colpa è del fatto che a Roma ma anche a Pompei e in Puglia, dove ho trascorso le vacanze, qualsiasi trattoria sfigata ha un vino della casa che magari è fatto con il metanolo ma costa poco. Io non voglio certo bere delle porcherie, ma che si vendano bottiglie di vino da 100 euro lo trovo inqualificabile. Anche i piatti non erano a buon prezzo. Si mangiava e si beveva bene, certo, però il posto – malgrado gli insetti e l’odore di stallatico – non era adatto a un morto di fame come me, dove morto di fame non si riferisce certo al continuo appetito ma alla mia estrazione economica e il mio amore per le bottiglie di vino da massimo sei o sette euro quando sono in offerta al 30% all’Esselunga. Però con le coccole ci hanno dato dentro. Una specie di nuvole di drago fatte non mi ricordo con cosa con una polverina rossa per antipasto, non richieste. Una focaccia untissima che a Genova non la usano nemmeno per le porte che cigolano ma fatta nel forno a legna come pane, non richiesta. Una candelina accesa nella crema che ha preso mia suocera come dessert con il sottofondo della versione dozzinale di tanti auguri a te che risulta come primo risultato dopo una sommaria ricerca su Youtube, per farci capire quella cantata che inizia in valzer lento e poi accelera in un tempo rock-pop, non richiesta. E per finire dei macarons omaggio, che hanno anticipato un conto da trecento e passa euro in prodotti che, pur di qualità e impiattati da masterchef, poco dopo sono stati copiosamente riversati in Pozzi-Ginori o Ideal Standard – che riflette in parte il dualismo Apple vs Windows – in un formato ben più umile rispetto a quello di partenza. Comunque grazie per le coccole.