Su Google Maps, attivando la visualizzazione satellitare (ultimo aggiornamento: Agosto 2018), la staccionata in legno risulta smantellata. Fabrizio aveva impiegato una settimana a stendere la vernice protettiva su ogni singolo asse. Suo padre, un postino in pensione, si era procurato il materiale più economico. Niente di male, se non fosse che era nero, e dare il benvenuto agli ospiti con un colore così lugubre poteva risultare un presagio nefasto. Dove abito ora io, per dire, si fa molta attenzione a questi dettagli, e se la cancellata ha anche solo un po’ di ruggine casa tua diventa lo zimbello del quartiere. Il nuovo proprietario della casa della famiglia di Fabrizio ne avrà fatto legna da ardere ancora prima di scegliere i mobili della cucina. Il padre di Fabrizio è mancato qualche mese dopo il mio e così, quando immagina di passare di lì – Fabrizio si è trasferito altrove da tempo – e non vedere più quell’opera inutile commissionata da suo papà a una ditta di costruzioni e rimasta con il colore protettivo senza uno strato di una tonalità più consona a una villetta di campagna, gli viene da piangere. Come lo capisco. I genitori compiono errori proprio come noi, non per questo dobbiamo serbare loro rancore. Comunque, dopo il rush finale del weekend – lui è suo papà hanno lavorato giorno e notte per terminarla – ci eravamo dati appuntamento alle sei per salire su un pullman diretti in gita scolastica verso una città d’arte di seconda scelta, una di quelle facilmente liquidabili in un’unica giornata. Eravamo seduti a fianco, nei sedili in fondo dove si poteva fumare, e non riusciva ad alzare le braccia dalla fatica compiuta. Nei posti proprio davanti ai nostri c’era Alessandra che, come in quella celebre scena di un film per adolescenti, mi aveva passato il suo walkman con una cassetta registrata di “Selling England by The Pound” dei Genesis ed era la prima volta che lo ascoltavo. Osservavo dal finestrino l’autostrada scorrermi a fianco e io, che coltivavo gusti musicali molto più alla moda, ero rimasto colpito dalla lunga coda strumentale di “The Cinema Show”. Non riuscivo a dare alla voce un volto diverso da quello del cappellaio matto della Charisma, ma quello era l’ultimo dei problemi. Le morbidi protezioni in spugna degli auricolari erano intrisi del suo profumo che deve aver fatto reazione con quella musica fuori dal tempo tant’è che non è andata più via.