Ieri ci ha lasciato Toots Hibbert, leader dei Toots & the Maytals. Tra i settanta e gli ottanta, comunque molto prima dei Duran Duran, il reggae era molto di moda e trasversale. Lo ascoltavano i punk, per il gemellaggio tra giamaicani e inglesi nei sobborghi di Londra. Lo ascoltavano i fighetti fan dei Police, facile intuire il perché. Lo ascoltavano i tossici per via delle canne e l’equidistanza tra le Marlboro e l’eroina. Lo ascoltavano gli ascoltatori di musica generalista per via di Bob Marley. Lo ascoltavano i new wavers grazie alla 2-Tone, l’etichetta degli ibridi tra post-punk e ska. Lo ascoltavano i ragazzini perché costituiva un’emancipazione dalla musica dei fratelli maggiori, ancora fermi ai cantautori. Almeno, io ero un ragazzino delle medie e non ascoltavo altro. Tra i miei eroi, accanto a Linton Kwesi Johnson, Burning Spear, Doctor Alimantado e gli UB40 di Signing Off, c’erano proprio Toots & the Maytals col loro reggae delle radici. Uno dei suoi pezzi più conosciuti è proprio “54-46 that’s my number”, se vi interessa qui trovate qualche info in più su quella che è una delle 100 mie canzoni preferite. Il mio rammarico è di non averlo mai visto dal vivo. C’era un festival di periferia, più di dieci anni fa da queste parti. Ogni edizione prevedeva una serata dedicata al reggae e io speravo che gli organizzatori lo ingaggiassero prima o poi ma niente, non è mai stato invitato. Peccato. Non ho avuto mai il piacere di contribuire al suo celebre botta e risposta con la folla prevista dalla sua hit, quando dice
you give it to me one time
e tutti BOM
you give it to me two times
e tutti BOM BOM
you give it to me three times
e tutti BOM BOM BOM
you give it to me four times
e tutti BOM BOM BOM BOM
e il pezzo riprende, con il suo ipnotico levare. Addio Toots Hibbert, che Jah ti sia riconoscente per la bella musica che ci hai donato.