Ci siamo osservati per tutto il tempo del viaggio. Io guidavo e non potevo distrarmi, ma quando la strada e il traffico lo permettevano mi voltavo a destra a sbirciare. Ed era sempre lì. Sempre maledettamente a suo agio. L’ho notata subito, appena ho messo in moto la macchina. Ho pensato che il rombo del motore l’avrebbe convinta a desistere. Sono uscito dal parcheggio davanti a casa ma non si è mossa di un millimetro. Ho accelerato al primo rettilineo ma lei ha mostrato tutta la sua resilienza. Ho decelerato alla rotonda e lei ha capito. Ha approfittato della velocità ridotta per ruotare lentamente, millimetro dopo millimetro, e posizionarsi con il capo e le antenne in direzione di marcia, con l’obiettivo di fare leva sulla aerodinamicità del suo corpo e lasciarsi sferzare dal vento.
Ho imboccato la superstrada portando rapidamente l’auto oltre i cento all’ora. Ingranata la quinta, ho dato un rapido sguardo e sono rimasto sbalordito. Com’è possibile – mi sono chiesto – che con quelle sottilissime zampette, a cui fanno capo dei puntini al posto dei piedi, una giovane cavalletta sia in grado di rimanere aggrappata al finestrino lato passeggero a quella velocità?
Ero certo che prima o poi sarebbe volata via. Ho frenato, sono ripartito, sono sfrecciato attraverso il traffico della tangenziale. Ho superato altri veicoli e sono stato sballottato dallo spostamento d’aria di mastodontici fuoristrada. L’auto ha sobbalzato su dossi, giunture, buche e altre imperfezioni dell’asfalto. Ma nulla è servito. La cavalletta, impassibile, ha mantenuto la posizione fino alla fine, fino a quando ho imboccato l’ingresso del cortile della scuola e ho parcheggiato, ho spento il motore, sono sceso dall’abitacolo, ho sbattuto forte la portiera – un ulteriore contraccolpo che non è servito a nulla – e me ne sono andato, lasciando la cavalletta al suo posto.
Non è stata la prima volta in cui ho trovato grossi insetti sulla macchina. Tanti anni fa una enorme falena, un mostro enorme e peloso mai visto prima, si era incastrata dietro la maniglia e meno male che me ne sono accorto prima di afferrarla per aprire e salire a bordo. Ma non è stata nemmeno l’ultima. Stamattina, sul tappo della benzina, c’era un’altra farfalla notturna. Questa volta di dimensioni ridotte e più alla mia portata. Ho avvicinato la mano per svitarlo per fare rifornimento, lei ha capito ed è volata via tracciando una rotta verticale ma confusa nell’aria, sicuramente incredula del fatto di trovarsi lì, in piena luce del sole.