Mio papà ed io siamo usciti nel tardo pomeriggio a visitare il paese che, come supponevamo, aveva la tipica conformazione dei borghi del sud. Case bianche, nessuno in strada, qualche bottega turistica e una chiesa ogni tre isolati. C’era vento caldo, piuttosto tipico per il mese di agosto, e per la prima volta ho notato quanto mio padre somigliasse a Giuseppe Verdi.
L’hotel in cui alloggiavamo – ironia della sorte – si chiamava “Nabucco” e il motivo per cui ci siamo allontanati dall’idea originale di esplorazione dei luoghi limitrofi è diventato, di lì a poco, un tormentone comico. Cercavamo infatti “Il trabucco”, una trattoria in cui cenare suggerita dal proprietario dell’albergo che aveva peraltro concorso alla trasmissione “Quattro ristoranti”. Nel sogno abbiamo chiesto a tre esseri umani dalle curiose fattezze (sembravano uniti come gemelli siamesi) quale fosse la distanza tra il “Nabucco” e il “Trabucco” e la figura centrale delle tre, come fosse la più autorevole, si dichiarava di religione protestante e, per questo, ignorava la risposta.
Alla fine io e mio papà abbiamo scoperto che non si trattava in realtà di un ristorante ma di una specie di festa in piazza con le bancarelle. Una di queste spillava birra. Mio papà si era allontanato non so per quale motivo e così ho chiesto una media chiara ma probabilmente il venditore ha capito male perché mi ha restituito una caraffa gigantesca di birra Grom, impossibile però da bere camminando. Sono entrato così in un bar del lungomare in cui ho riconosciuto l’amico Andrea, dietro al bancone, quello che gestiva un locale in cui spesso suonavo con la mia band quando ero ragazzo. Gli ho chiesto un bicchiere di plastica per bere dalla caraffa più agevolmente e lui giustamente l’è presa perché non avevo comprato la birra da lui. Mia mamma mi raccomandava sempre di non entrare nei negozi con borse di plastica di altre botteghe.
C’era anche una bancarella di dischi usati, naturalmente, ma con quella caraffa in mano mi risultava impossibile scartabellare tra i vinili per trovare qualcosa di interessante a poco prezzo. Che poi, in realtà, alla fine si è scoperto che non era nemmeno birra ma una specie di sangria in cui, al posto dei pezzi di frutta, c’erano vari oggetti. Ho provato a tirarli fuori perché altrimenti era impossibile versare la bevanda nel bicchiere. Ricordo di aver estratto un luccio di plastica e dei festoni natalizi ancora tutti luccicanti. Dovevo fare in fretta perché non volevo farmi beccare da mio papà a bere alcolici, ma poi, alla fine, non è più tornato.