Cosa spinga la gente a tenere ancora un blog ai tempi degli influencer e dei selfie agli Uffizi non mi è ben chiaro. I blogger. Cosa avranno da raccontarci, poi, ogni giorno. Così egoriferiti, sempre a inventare stupidaggini, a onorarci del loro parere su qualunque argomento, a tentare di far passare per verità delle stramberie che nemmeno i bambini della primaria ci cascano più. Principalmente a proporre se stessi da tutte le angolazioni possibili, come se interessasse davvero a qualcuno.
Ci sono quelli dalla personalità così extralarge che non ne basterebbero due, di domini, a contenere tutto quello che scrivono. Ci sono quelli che trasudano autorevolezza in dosi omeopatiche. Una pillola e poi qualche giorno di tempo affinché il principio attivo sia rilasciato in lungo e in largo sull’Internet. Massimo rendimento con il minimo sforzo. Beati loro. Ci sono poi quelli che sono gli strumenti a essere cambiati. I canali. Come tutti i mestieri anche questo si trasforma velocemente, considerando che ogni stagione c’è un nuovo social che impone di ripensare il modo in cui distribuire i contenuti. Ci sono quelli che se ne fottono e scrivono e basta, convinti che la letteratura sia una questione di allenamento proprio come quelle app che ti spuntavano dal nulla in pieno lockdown per spiegarti come si poteva rimanere in forma su un tappetino di gomma di un metro quadrato.
Ci sono per fortuna anche quelli che offrono un servizio utile, avvisandoci di cose vere e dimostrate e rilanciando notizie altrettanto autorevoli di blogger come loro. Questi ultimi dovreste leggere, ma sono sicuro che lo fate già. Io ne seguo alcuni e, di questi tempi in cui anche i quotidiani sembrano allentare la morsa sulla verità, imparare i fatti da punti di vista meno istituzionali può risultare decisivo.
Ecco, vedete, tutti questi modi di intendere la scrittura su Internet sono da tenere in considerazione perché non troverete nessun nuovo Steinbeck – un genere di scoperte che vi raccomando di continuare a fare con i libri di carta – però, nella dimensione della conversazione, non credo che nella storia dell’umanità ci sia mai stato qualcosa di simile. Avrete notato come sui social non si sviluppino dialoghi ma, piuttosto, confronti, e saprete meglio di me quanto siano due modi differenti di interagire. Il confronto si fa usando i simboli di maggiore, minore e uguale e anche quando c’è l’uguale è perché c’è stato poco prima un tentativo di capire se uno dei due contendenti sarebbe riuscito a prevalere. Il dialogo invece è, appunto, una conversazione con domande e risposte e poi risposte ad altre domande e così via.
La stessa cosa avviene per strada, nei luoghi di aggregazione e persino al telefono. L’intenzione con cui ci si esprime verbalmente può condizionare l’interlocutore. La parola scritta al contrario non intimidisce perché, nel caso necessiti di una reazione, comporta una reazione asincrona e mediata dal mezzo.
Scrivevo qualche giorno fa – perdonatemi l’autocitazione – che mi piace girare a piedi, in bici e in auto con la mascherina anche quando non c’è bisogno perché, con metà faccia coperta, posso parlare da solo come mi pare e piace tanto nessuno se ne accorge. Qui, su questo blog che oggi compie dieci anni – già, dieci anni dal primo post – mi sento un po’ allo stesso modo. Ho la massima libertà di dire, cantare, fare versi come voglio, tanto chi mi legge non mi vede mica.
Alcuni aneddoti dal mio futuro, a dieci anni di distanza, si conferma il mio alter ego. Quello che sono e che non sono. Quello che sono stato e che vorrei essere e forse anche quello che sarò tra dieci anni, quando rileggerò il post del 28 luglio dell’anno del Covid-19. Ho avuto persino un’altra vita su un altro blog che poi era più un sito che aggiornavo in maniera rudimentale perché era il 99 e non c’erano piattaforme evolute come questa. Ma si è trattata di un’esperienza un po’ così. Bella, perché vivevamo nell’Internet primordiale. Modesta sotto tutti gli altri punti di vista, principalmente perché, quando mi rileggevo, non trovavo niente di Steinbeck.
Quando sono tornato alla carica qui, nel 2010, ho abbassato le aspettative, e ho preso la cosa così come sarebbe venuta. Uno di quei box dove gli esseri umani, nel tempo libero, esercitano i propri hobby. Io mi chiudo qui una mezz’oretta al giorno e parlo da solo, proprio come quando esco con la mascherina anti contagio. E niente. Ci sono stati alti e bassi, periodi di grandi commentatori, picchi di letture, giorni in cui sarebbe stato meglio se avessi fatto dell’altro ma poi, davvero, chi se ne importa.
Ogni tanto penso a come sarebbe organizzare una convention di lettori di “Alcuni aneddoti dal mio futuro” e poi mescolarmi nella sala tra i partecipanti giusto per capire davvero chi è che legge le cose che ci sono qui. Magari lo farò, un giorno, e prometto che ci sarà anche un buffet, alla fine.
Foto presa da Vettori di invito di Vecteezy