quindi vivi e lascia vivere nell’amore

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Ho fatto finta di non sapere quale fosse il letto di Mirko. Questo mi ha dato l’opportunità di rivolgermi a due diverse infermiere per chiedere informazioni anche se ero già stato un paio di volte nella stanza del reparto di chirurgia in cui era ricoverato. Purtroppo nessuna delle due era Ambra, che conosco dai tempi del liceo e il cui viso angelico mi è apparso per primo al risveglio dopo l’operazione a cui mi ero sottoposto anni prima, tantomeno Simona che è facile da individuare tra tanti camici bianchi e verdi perché è alta quanto me e, pur conoscendoci reciprocamente dall’82, nemmeno ci salutiamo, ma vi prometto che la prossima volta farò io il primo passo. Anzi, ciao Simona, come va? Comunque Tatiana, che è la fidanzata di Mirko e che ammiro soprattutto per i suoi pantaloncini da ciclista attillati – siamo nell’88, giusto per darvi la possibilità di ambientarvi prima di arrivare al dunque – gli ha portato qualche rivista di architettura (si sono conosciuti in facoltà) e quando faccio capolino si alza per lasciare libera la sedia, così ne approfitto per spingerla sulle spalle scherzosamente per farle riprendere il suo posto e mi posiziono all’altro lato del letto. Mirko sta conversando con un compagno di degenza la cui faccia non mi è nuova. Si tratta del papà di un ragazzo che ha qualche anno in meno di me e che ai tempi di “Too shy” si era fatto i capelli come il cantante dei Kajagoogoo, un palese gesto di rottura con la società conformista malgrado non avesse ancora finito le medie. Il papà di questa specie di Limahl di provincia vorrebbe convincere noi ventenni sul sex appeal di Marisa Laurito, ma con me casca male perché l’idea che ho di lei che fa la testimonial della pasta Voiello mi trasmette tutt’altro che erotismo, una sensazione che sarà confermata l’anno successivo quando salirà sul palcoscenico di Sanremo per cantare la canzone del babà. Tutto questo rimescolamento di cose e ricordi mi fa tornare in mente una sera alla festa dell’Unità quando ancora era la manifestazione collettiva di una città che votava a larga maggioranza il PCI. Il padre di Simona, l’infermiera alta che non mi saluta ma magari da oggi in poi lo farà, era un ferroviere iscritto al partito e si dava da fare tra i tavoli di uno dei tanti ristoranti. Io invece mi trovavo con due compagni di liceo a sentire il concerto di una cover band locale, anche se ai tempi non si chiamavano mica cover band, che aveva in repertorio “Lifeline” degli Spandau Ballet ed è per questo che, quando la ascolto ancora oggi, mi sento male al pensiero di quanto fossimo giovani allora.

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