Ed è un peccato perché gli ultimi giorni sono i più belli. Un po’ perché i ragazzi vedono le vacanze dietro l’angolo. Poi c’è quell’atmosfera da smobilitazione che non ha eguali. Se hai lavorato bene nel corso dell’anno puoi tirare i remi in barca perché i veri protagonisti sono quelli che devono recuperare per evitare il debito, ogni giorno qualcuno vive un dramma ma quella di chi ci mette troppo a carburare è una favola di insetti vecchia quanto l’uomo. Occhio però ai colpi di coda: la scuola è cinica e basta una distrazione per piombare nell’inferno dei voti rossi sul registro elettronico. Dalle finestre spalancate si sentono così tanti suoni e profumi che anche in periferia di Milano sembra di essere in Provenza. Le compagne di classe scoprono centimetri quadrati di epidermide in abbondanza e anche gli zaini si fanno sempre più leggeri. All’uscita il dubbio è se fermarsi al caldo con gli amici o cercare ristoro al fresco delle mura domestiche. Nelle località di mare si esce la mattina con il costume sotto e l’asciugamano in borsa ché non si sa mai. I ricchi raccontano i viaggi che faranno ai poveri che resteranno a casa sino a ferragosto. Ogni ordine, poi, ha i suoi riti e le sue scommesse da vincere e vede obiettivi diversi dopo l’ultima campanella a seconda dell’età dei frequentanti. Tutto è già passato: la gita, l’occupazione, la foto di classe, i buoni propositi già declassificati in obsolescenza a ottobre e gli attacchi di panico con gli insegnanti meno accomodanti. La pizzetta all’intervallo, il sudore negli spogliatoi, le risposte suggerite e le lacrime di chi non ce l’ha fatta. Gli ultimi giorni di scuola sono la diaspora di un popolo intero da una dimensione sociale verso una privata. Il tradimento al gruppo dei pari per il ritorno sotto l’egida famigliare, spalle voltate al tempo vissuto insieme per una stagione di cui tutti resteranno reciprocamente all’oscuro. Qualcuno in classe spiega, una voce risponde in modo corretto, fuori il cielo promette la libertà, si sente profumo di gigli, un altro anno è volato ed è sembrato infinito, allo stesso tempo.