C’è una leggenda che narra che Edge, che è la versione due punto zero di Internet Explorer, si usi una volta sola per scaricare Chrome per installarlo non appena si acquista un pc nuovo. Una volta fatto, io tolgo persino l’icona sulla barra delle applicazioni, tanto mi dà fastidio, e se si potesse disinstallare da Windows lo farei volentieri. Non prendetela sul personale. Il fatto è che ogni tentativo di sviluppare qualcosa per contrastare leader consolidati di mercato – tentativi encomiabili, sia chiaro – mi suscita un mix di tenerezza e di compassione. Immaginate di inventare un social network di massa alternativo a Facebook, o un pacchetto di software da ufficio per far concorrenza a Office, un programma di editing fotografico migliore di Photoshop, un sistema di content management più fluido di WordPress e cose così. L’emergenza del Covid-19 ha spinto molte multinazionali dell’ICT ad aprire al pubblico le loro piattaforme di collaborazione, comunicazione e soprattutto di didattica a distanza, come se Google Suite for Education gratis non esistesse. Se siete docenti e la vostra scuola ha in dotazione quel ferrovecchio di registro elettronico della Axios avrete però provato l’ebbrezza di fare un viaggio negli anni 90 con la loro piattaforma “impari”, che probabilmente – forte di un incolmabile gap di risorse – si prununcia ìmpari con l’accento sulla i iniziale.
Figuriamoci poi scalzare Google dalla vetta dei motori di ricerca e Chrome da quella dei browser. Il collega che mi ha preceduto alla gestione della componente informatica della scuola aveva installato sui pc della secondaria Linux e Libreoffice. Io Linux non lo so usare e non l’ho mai usato sui miei dispositivi perché certi software che mi servono per lavoro o per diletto – Cubase, Photoshop, Premiere sono i primi che mi vengono in mente – non hanno omologhi in versione open source. Cioè, non è vero. Sicuramente ne esistono. Ma poi c’è sempre qualcosina di diverso rispetto ai software commerciali e devi essere tu utente sufficientemente flessibile a cambiare le tue procedure. Peccato che abbia cinquant’anni e non ne vedo il motivo. Trovo invece molto efficaci le app di Google per la scrittura, il calcolo, i moduli (miglior app del mondo mondiale) e la collaborazione in genere. Ecco, possiamo dire che la dicotomia commerciale/open source si è risolta da quando c’è il cloud che ha messo d’accordo tutti. L’ex collega di cui sopra mi ha persino mandato un link su whatsapp con una paternale di Wu Ming sul fatto che dovremmo degooglizzarci che è un po’ come dire da stasera basta alla fame nel mondo.
Sul fronte desktop ci sono però delle cose che mi mandano in bestia, e ritorno a Edge, Bing e a quella parrocchia lì. Gli utenti poco esperti si ritrovano sempre Bing pre-impostato come motore di ricerca principale e – a meno di non cercare l’Aranzulla del caso – non lo riescono a smuovere dal browser. Vi racconto questo aneddoto: una collega insegnante non riesce ad accedere alla Google Suite della scuola perché tutte le volte che digita www.google.it finisce su quella merda di Bing e così si è arresa. Il mio invito a quelli della Microsoft è quindi quello di ritirare Edge e Bing dal mercato, tanto non se li incula nessuno, danno solo fastidio e ci fareste pure la figura dei signori.