Quando è domenica, è inverno e potrebbe andare peggio, potrebbe piovere, la clausura sembra un’abitudine o un comportamento naturale, considerando che in casa ci saremmo stati comunque. La differenza la fanno alcuni dettagli: domani nessuno interroga nessuno, certe categorie professionali non mettono la sveglia, non ci sono idioti alla tele che ti guardano e che continuano a giocare perché la partita della squadra del cuore è stata rimandata, tua madre smette di dirti “ma non esci mai? Perché non provi a divertirti” dato che siamo in quarantena e soprattutto, secondo la chiusura del testo della canzone che spero abbiate afferrato, meglio non lasciarci le penne.
Anche oggi il mondo della scuola è in subbuglio, almeno qui nella zona giallo/arancione, perché non si sa bene cosa succederà domani. Dalla stanza dei bottoni dicono che si sta a casa ma poi non pubblicano l’ordinanza ufficiale quindi non si sa ancora se sia uno stop didattico, se si tratti di una chiusura totale, se docenti e personale amministrativo debbano sottoporsi alla disinfezione. Noi insegnanti ce ne laviamo le mani, ma posso garantirvi che eravamo puliti anche prima dell’epidemia. Anzi, già che ci siamo, spero che la gente cominci a lavarsi tout court, a partire da quelli che si vestono a cipolla e che ne interiorizzano le qualità organolettiche.
Comunque ho passato la domenica a lavorare per dare un po’ di continuità didattica con le piattaforme digitali. Ho anche ricordato alla mia preside che si possono fare i collegi docenti con Google Meet. Ma la vera notizia del giorno non è questa, semmai il contagio di Luis Sepúlveda. Appena l’ho letto mi è tornato in mente il cartone animato de “La gabbianella e il gatto” e le migliaia di volte che mia figlia mi ha chiesto di vederlo quando era bambina. I ratti hanno un ruolo importante, in quella storia, e ne escono sconfitti. Speriamo che si riprenda presto, come i più di 1500 contagiati.
A parte la vacanza forzata, che poi tanto vacanza non è, credo che stare isolati un’altra settimana non possa che fare bene. La clausura è l’unico modo per abbattere il rischio di diffusione, per una malattia che si trasmette con il contatto. Il problema dello stare a casa è che aumenta l’appetito, complice la noia. A fine epidemia pesiamoci tutti e vediamo chi ha preso più chili.