Stamattina alle dieci e trenta alla Coop avevano già finito le banane e non so se questo sia correlato con l’assalto ai supermercati di cui parlano tutti e con le foto che stanno facendo il giro del mondo. Io sono andato solo per comprare due litri di latte e mi sono diretto in fretta al banco frigo. Ho notato però che c’era molta gente ma non ho mai fatto la spesa il lunedì mattina e non ho termini di paragone per confermare l’eccezionalità della situazione che mi si è presentata. C’erano tutte le casse aperte e gremite e persino una addetta alle casse automatiche che smistava la fila. Tutti facevano battute sulla corsa ai generi di prima necessità. Un ragazzo con la ffp3 bianca ha preso un cartone da sei uova proprio dietro di me, ma è l’unico che ho visto dentro. Fuori, mentre mi avviavo al parcheggio, un anziano con il volto coperto da una di quelle mascherine da verniciatura di colore sgargiante ha chiesto al venditore ambulante che staziona periodicamente all’esterno del supermercato se vendesse quel modello. Per assicurarmi che fosse vero quello che stava succedendo ho passato in rassegna i borselli e le cinture ammassate sul tappeto e, in realtà, di dispositivi di protezione delle vie aeree non c’era nemmeno l’ombra.
Lo stop didattico forzato mi ha fatto anche venire voglia di una corsetta all’aperto. Al parco c’era pieno di bambini con i genitori che si godevano spensierati questi giorni di vacanza estemporanei alla faccia dell’economia mondiale. Il tempo era stupendo, e ho pensato che non fosse proprio male il fatto che sia stata la natura (anche quella sviluppata artificialmente in laboratorio) a indurci a rimettere in ordine la scala delle priorità. Ci sarà tutto il tempo per recuperare qualche settimana di lavoro, epidemia permettendo, anche se alcune delle mie colleghe si sono già poste il dubbio se sia giusto mandare qualche compito da fare a casa ai bambini.