Tra i mesi di gennaio e il primo scorcio di febbraio ho accertato una media di cinque o sei bambini assenti al giorno in classe, con punte di dieci. Solo oggi, per la prima volta da quando ci siamo salutati prima delle vacanze di Natale, in aula c’era un solo banco vuoto. Le assenze alla primaria, e soprattutto tra i più piccoli, sono un problema diverso da come un non-addetto ai lavori se lo immagina. Per gli insegnanti è preferibile non spiegare cose nuove mentre, dall’altra parte, i genitori spingono per tenerli il più a lungo a casa possibile per permettere ai loro figli di rimettersi completamente. Elisa, per dire, si è sparata due settimane di polmonite, è rientrata a scuola ma tempo due giorni si è beccata l’influenza di quest’anno e non l’ho più vista per un bel po’.
Sono state in molte le mamme che mi hanno contattato via mail (sono considerato un folle per aver dato la mia mail – quella con il dominio della scuola, che è una mail di lavoro a tutti gli effetti – ai genitori) per avere i compiti oppure il lavoro svolto in classe per evitare che il figlio rimanesse indietro. A me la cosa ha fatto sorridere perché in prima non è che un giorno si spiegano le equazioni di secondo grado e la settimana dopo inizi con la parabola. Il programma è sin troppo entry level per un contesto di seienni che sapevano già contare e fare somme e sottrazioni in autonomia dalla scuola materna. Comunque, per intercettare il timore delle famiglie che i bambini con la febbre rimanessero indietro (il vero demone della didattica), ho mandato qualche scheda con un po’ di operazioni per mantenere i cervelli con trentanove di febbre in allenamento.
Parallelamente ho fatto di tutto per portare avanti i quaderni dei bambini malati copiando le attività o tagliando e incollando le fotocopie delle schede svolte in classe (se siete quelli che “il profumo della carta” la scuola è il lavoro che fa per voi). Il fatto è che con sei o sette alunni assenti e relativi quaderni da aggiornare, dedicarsi a questo tipo di attività non risulta così fluido durante le lezioni ed è facile immaginare il perché, considerando la richiesta incessante di attenzioni che mi viene richiesta.
Questo solo per farvi pesare il fatto che:
– ho trascorso una buona parte del pomeriggio per mettere in pari i quaderni dei miei alunni che finalmente sono rientrati
– c’è voluto più di quanto avessi previsto
– e soprattutto l’ho fatto nel tempo libero.
Lo straordinario – nel senso di lavoro non pagato – è in realtà un fattore ordinario, nella scuola.
Ma c’è un vizio di forma: dovendo trascorrere non più di quattro ore al giorno sul campo, in un mondo in cui tutti dicono di lavorare otto ore, il senso di colpa del docente (al netto dei tre o quattro o cinque mesi di ferie l’anno di cui la credenza popolare si riempie bocca) impone al pedagogo professionista che è insito in lui di ricorrere alle ore in cui non fa lezione per sbrigare tutte le altre faccende collaterali. Una fetta di tempo che a chi lavora in ufficio, in negozio, in giro a vendere, in fabbrica eccetera viene riconosciuta con salari adeguati. Più sostanziosi, se rientrano nelle ore previste dal contratto. Come extra, negli altri casi. In realtà lo straordinario, nell’agenzia in cui lavoravo prima, non mi è mai stato riconosciuto nemmeno lì, ma lo stipendio era indiscutibilmente più consono al tempo che dedicavo alla causa.
Nel mio mondo ideale entro a scuola alle 8 ed esco alle 17:00, pausa pranzo compresa. Alterno le mie ore in classe a ore che trascorro nell’ufficio – un bell’open space con il calcetto e quelle fantastiche postazioni in cui ti metti dove capita – a preparare lezioni, organizzare materiale, correggere i compiti, incollare schede sui quaderni degli assenti, ricevere genitori e alunni, programmare con i colleghi. Stessa cosa per i mesi estivi, in cui c’è da preparare l’anno successivo, ci sono i corsi di recupero da tenere a chi ha debiti da recuperare, ci sono attrezzature da controllare ed eventualmente da sistemare, oltre alle quattro settimane di ferie che mi spettano. Il tutto almeno a duemila euro al mese, come è giusto per un mestiere in cui hai una ventina di bambini sotto la tua responsabilità. Questo si che sarebbe straordinario.
uh che bello! Mettiamo anche i divani e il microonde? Ciao dalla tua collega della scuola che vorremmo.