John è uno dei miei alunni più enigmatici e divertenti. È di origini cinesi ma è nato qui. Ha genitori giovanissimi, molto attenti e colti ma anche piuttosto impegnati: la mamma tiene le fila di tre figli e il papà viaggia spessissimo per lavoro. Hanno persino assoldato un babysitter italiano che lo accompagna e lo viene a prendere a scuola. Per i suoi sette anni gli hanno regalato le Geox con il display a led che visualizza una scritta personalizzabile sul bordo della suola che, se ve la devo dire tutta, se ci fosse in commercio il 46 me le comprerei anch’io e ci scriverei il mio motto, “give synth a chance”. In matematica potrebbe già affrontare il programma di quinta ed è così pignolo che mi corregge se non scrivo bene lettere e numeri alla lavagna. A volte mi guarda e si muove come un fumetto e io lo assecondo imitandolo perché mi sembra un ottimo canale di comunicazione tra insegnante e bambino. Se ci sono io durante l’intervallo viene a farmi sentire come fa esplodere il cellophane della merendina confezionata. Alcuni si spaventano per il botto ma la colpa è mia perché sono stato io a iniziare quel rito rumoroso. D’altronde lo faccio anche a casa e mi scordo sempre che poi in classe occorre trattenersi per non dare il cattivo esempio. Ciò non toglie che sia un’azione decisamente appagante.
John è a casa da una decina di giorni. Siamo nel pieno dell’influenza e non abbiamo badato molto al fatto che fosse assente. Ho avuto giornate con meno di dieci bambini in classe e pure io mi sono dovuto attrezzare con la tachipirina pronta per tirare fino alla campanella. Non so se lo sapete ma con la storia dei mesi di vacanza estivi gli insegnanti – almeno quelli che vivono il loro mestiere con il giusto senso di colpa – tendono a rispettare l’orario anche con la febbre per non creare disguidi, rivoluzionare l’organizzazione dei colleghi o lasciare che dividano la propria classe. Comunque sono passati i giorni, John non è ancora rientrato e finalmente ho capito. La mia collega ed io abbiamo persino ricevuto un messaggio del padre da cui si evince il timore che John potesse risultare vittima di pregiudizi per il fatto di essere cinese e influenzato, ai tempi del virus Corona. Ho pensato così che, in effetti, i genitori capaci di scatenare l’inferno dell’ignoranza ci sono, magari gli stessi che poi mandano i figli non vaccinati contro il morbillo a scuola. Poi magari mi sbaglio io e nessuno, nella mia classe, si dimostrerebbe capace di un comportamento così miserabile. Quindi spero che John torni presto, magari già oggi, magari già domani, con un messaggio di amicizia per i compagni sul led delle sue nuove scarpe Geox. Una cosa tipo “grazie per essere persone di buon senso”.