Ogni tanto mi capita di dare uno strappo alle colleghe. C’è quella che non guida, quell’altra che non ha la patente, oppure – cosa piuttosto comune – c’è una sola macchina in famiglia in dotazione al partner che lavora più distante. Qualunque sia il motivo, ogni volta che succede mi vergogno tantissimo perché la mia auto è in condizioni da affidamento dei figli ai servizi sociali. Lo specchietto retrovisore lato conducente sta su con il silicone. A quello lato passeggero qualcuno maldestramente ha staccato la scocca in plastica. Dentro ho la leva del cambio che si sta letteralmente sfaldando, tanto che ogni volta che la utilizzo mi ferisco il palmo della mano. Ma tutto questo è niente rispetto al fatto che non la lavo da anni – dentro e fuori – e che il modello non passa inosservato per la sua obsolescenza, in un momento in cui si cambia auto con maggior frequenza di un paio di scarpe e in un bacino demografico – quello milanese – piuttosto opulento, in cui un catorcio come il mio si distingue per linea e condizioni. Questo per dire che mi vergogno come un ladro a portare chicchessia e, quando succede, cerco di metterla sul lato folcloristico della mia personalità, potendo compensare sul fatto che tutto sommato credo di essere abbastanza stimato nella scuola in cui insegno.
Potete quindi immaginare il fastidio che mi suscitano gli spot della Volkswagen T-Roc, una delle tante auto che non mi posso permettere ma che, se avessi i soldi, correrei subito in concessionaria per prendermene almeno un paio. Il soggetto dei bambini poveracci che pur di suscitare l’invidia degli amichetti danarosi cambierebbero genitore e auto al seguito è un pugno nell’occhio all’etica come la conosciamo, in tempi in cui si fanno carte false per sembrare quello che non si è ma la narrazione che cerchiamo di dare alla storia e a i posteri è quella di restare umani. Nel duemila e venti, quindi, la top ten dei valori – rappresentata efficacemente nei modelli della comunicazione – vede ancora le belle macchine e lo smacco del prossimo, quando invece nessuno salirebbe a bordo con un insegnante sfigato con una station wagon blu alimentata a gpl del 2007 come il sottoscritto. Anzi, mia figlia sarebbe la prima a prendere il volo con un papà meno sciattone e una macchina più presentabile.
p.s. comunque, se siete insegnanti come me, provate a lasciar andare un vostro alunno all’uscita da scuola con il primo che passa come fa il bambino che sale sull’auto dei suoi sogni e poi raccontatemi come è andata.