Quando mi sento come se mi avessero messo le ganasce per auto alle gambe e non riesco più a camminare è perché S. mi si è abbarbicata addosso per abbracciarmi ma, essendo il divario di altezza incolmabile, al massimo riesce ad attaccarsi alla coscia. S. è egiziana e ha detto alla mamma che vuole più bene al maestro che a suo papà. Come biasimarla. Me lo ha detto la mamma stessa all’ultimo colloquio quindi posso assicurarvi che non rischio nulla. Mi segue come un’ombra quando non c’è da stare seduti al proprio posto e io mi muovo per la classe per fare quelle mille operazioni di manutenzione ordinaria e quotidiana dell’ambiente in cui i miei bambini sono costretti a trascorrere così tanto tempo. I nomi plastificati degli incaricati alla distribuzione dei libri da appiccicare con le puntine alla bacheca, le graffette nella pinzatrice che finisce sempre la carica quando manca solo una scheda da fissare, il disegno di una delle decine di casette colorate che si è staccato dalla finestra. Se non sto attento corro il rischio di calpestarla perché potete stare sicuri che mi sta dietro costantemente. Oggi ha portato un biglietto di auguri che ha preparato con la mamma, che è cara quanto lei. Un cartoncino verde piegato a metà con sopra incollata una delle creazioni a cui S. si dedica ogni giorno. Prende i fogli da stampante usati, li piega in mille modi e poi ritaglia dei buchi. Nella sua immaginazione sono maschere di mostri ma sembrano più schede perforate IBM. Ho aperto il biglietto e dentro c’era un Babbo Natale disegnato che tiene in mano una specie di pop-up che si apre, allargando il cartoncino, con il messaggio “Auguri”. Sotto c’era scritto che “anche se non festeggiamo il Natale vi facciamo tanti auguri di buone feste”. Un po’ mi è spiaciuto che il biglietto di S. fosse per tutto il team della mia prima perché avrei voluto portarmelo a casa. Anzi, domani faccio finta di niente e me lo metto nella mia borsa in cuoio da maestro vintage e lo tengo tra i miei cimeli di scuola, quelli che quando sarò vecchio mi faranno piangere. Ho pensato che la religione è una sola ed è quella che ci insegna la gentilezza. A Natale ma anche il 13 marzo o il 25 aprile o a ferragosto o durante qualsiasi ricorrenza di qualsiasi cosa in cui la gente creda. E poi chi se ne importa di che razza di festa è, per me la vera festeggiata è S. e domani, quando mi abbraccerà la coscia, la porterò a spasso per la classe così aggrappata, sono certo che si divertirà un mondo.