Premesso che le bevo indistintamente tutte, ma all’inizio pensavo si trattasse di uno scherzo, oppure una di quelle trovate che andavano di moda anni fa in cui si storpiavano i brand con nomi simili per ingannare bonariamente i consumatori. Una specie di scarpe Addas con quattro strisce applicato alla birra, e infatti ai tempi in cui l’ho notata la snobbavo lasciandola sullo scaffale del supermercato. Ma da quando ho testato le infinità di variabili a seconda del numero di luppoli, la Poretti la preferisco di gran lunga alla Moretti. Poi ho scoperto che entrambi i marchi, benché oggi di proprietà di grandi multinazionali della birra (la Moretti fa capo all’Heineken mentre la Poretti è della Carlsberg), sono attivi da più di un secolo, quindi lunga vita a entrambi. C’è da dire che l’assonanza del nome resta un mistero, più che una coincidenza. Nel mercato avere brand simili fa sorridere il consumatore, pensate a tutte le battute che circolano sul confondere un Kit Kat e un Kit&Kat. Niente a che fare con i nomi di prodotto che nella lingua di provenienza significano una cosa e da noi un’altra, pensate al celebre croissant “Belin” e immaginatelo in mano a un genovese che fa colazione. Quindi immaginiamo uno straniero che vaga tra i corridoi dell’Esselunga o della Coop e si trova di fronte alle bottiglie di Moretti e di Poretti e si appresta a cercare anche la birra Coretti, la Doretti, la Foretti, la Zoretti e la Voretti. Se nel nome c’è il destino, nel cognome ci vuole più fantasia.