Per gli ansiosi un cambio di lavoro non è sempre una passeggiata. Per quelli messi peggio addirittura è un incubo e, davvero, a meno di non essere costretti, non so perché lo facciano. Il nuovo lavoro si ficca in testa schiacciando tutti gli altri chiodi fissi ed è così totalizzante da annullare tutto il lato positivo che il cambiamento in sé comporta. Si lavora con la testa dal mattino alla sera e non solo nel nuovo ufficio. Si lavora il sabato e la domenica anche quando la mansione non lo richiede. Si lavora quando ci si corica e si va avanti a lavorare nel sonno tanto che, la mattina successiva, è come un venerdì sera normale con la differenza che c’è una nuova giornata di lavoro che ci aspetta. Ciascuno di noi può raccontare la propria esperienza ed è divertente perché, a seconda del mestiere e del settore, emergono aspetti che hanno dell’incredibile. I programmatori sognano di risolvere i problemi di tutti i giorni con il codice. Un ciclo per rimettersi insieme alla fidanzata, anzi, ex, che ha appena interrotto la relazione. Un algoritmo che induca il meccanico ad applicare tariffe accettabili per il cambio della pompa di alimentazione, e così via. Non oso pensare gli incubi dei chirurghi, o anche degli infermieri. Lo scorso anno, da settembre a natale circa, architettavo strategie dialettiche per ridimensionare un paio di alunni problematici della quinta con cui ho esordito nella scuola. Non so, infine, se avete mai sperimentato queste terribili sensazioni notturne con l’aggravante dei deliri da febbre influenzale. I mondi che si confondono nella testa tra la veglia e il sonno con trame che vanno a finire nel peggiore di modi. Tutto resta nitido e ricorsivo per l’intera durata della notte, tra i tremori dovuti alla temperatura, il sudore, il mattino successivo che incombe con il risveglio e il ritorno alla realtà, che non è mai da meno. Altro che acidi. Se dovete cambiare lavoro non vi invidio per un cazzo. Vi consiglio solo di non ammalarvi e spero che a me non debba mai più succedere.