Ho scoperto che esistono in commercio delle bamboline che si riempiono d’acqua poi schiacci la pancia e piangono. Sono minuscole, grandi quando una mano, e a dirla tutta non le ho viste in azione perché in classe, nell’intervallo lungo – quello dopo la mensa che se piove, purtroppo, trascorriamo al chiuso – non si possono utilizzare secondo la loro funzionalità primaria. Si bagnerebbe il pavimento e qualcuno particolarmente sbadato potrebbe scivolare e farsi male. Di sicuro c’è chi ne farebbe un uso di pistole ad acqua, io per primo, e potete immaginare il putiferio, i vestiti fradici in inverno, i quaderni rovinati. Comunque non ho idea di quante lacrime finte potrebbero versare le bamboline che piangono, anche se la cosa mi ha incuriosito. Non so quale sia la loro capacità. Ne aveva un esemplare Anna che è una bambina sempre serena ed entusiasta ed è per questo che mi sono chiesto il senso di mettere in mano a un essere umano che vive con il sorriso sulle labbra un giocattolo che si dispera. Sarà un primo tentativo dei genitori di mettere in contatto la figlia con il dolore? L’equivalente di un simulatore di volo attraverso le esperienze che, prima o poi, si manifesteranno nella vita? E comunque esistono anche le bambole che fanno la pipì, spero sempre utilizzando l’acqua. Non ho mai visto in compenso quelle che fanno la cacca, quelle che vomitano, quelle con il mestruo o i bambolotti che eiaculano, tanto per enfatizzare il concetto che dotare di funzioni organiche cose inanimate non è un’idea che funziona. Ricordo una Barbie a cui si potevano tagliare i capelli ma poi, manco a dirlo, i capelli non crescevano e dopo un po’ i fili utilizzati per simulare la capigliatura si esaurivano e, a quel punto, se ne doveva acquistare una nuova. Comunque niente di tutto questo mi rattrista quanto una bambola che piangere. Spero che Anna ci rida su.