Pensate ai brani da condividere con la vostra bolla Facebook che richiamano il mese di settembre, pratica alla quale nessun essere vivente dotato di profilo online è in grado di resistere. Il primo anno avete scelto Alberto Fortis. Il secondo – per mostrare al mondo che la sapete davvero lunga – avete riesumato addirittura Peppino Gagliardi. Il terzo è stata la volta dell’Equipe 84, seguito dagli Area, Luca Carboni, quella palla mostruosa di Neil Diamond e persino gli Earth Wind & Fire.
In realtà basterebbero le numerose cover di “Impressioni di settembre” a coprire il calendario delle pubblicazioni sul mese in questione, vita natural durante. Possiamo confermare infatti che, con il pezzo più famoso della PFM, la canzone italiana ci ha dato dentro. Ma a noi interessa solo l’originale.
“Impressioni di settembre” è uno dei brani più celebri della Premiata Forneria Marconi, forse la band italiana – di quello che chiamiamo rock progressivo – più rappresentativa di tutti i tempi. Per capire la personalità, la portata e la risonanza che questo brano ha avuto nel corso degli anni e nella nostra cultura bastano pochi dati.
Intanto il brano, nella sua prima registrazione (in mi minore e con un pattern di batteria per il ritornello caratterizzato da colpi di rullante in battere sui quarti, una sorta di ritmo beat rallentato, passatemi il termine), viene pubblicato come B side de “La carrozza di Hans”, un pezzo dai toni molto più progressive e rock rispetto all’andamento ballad di “Impressioni di settembre”. Potremmo così pensare che il supergruppo di Mussida puntasse a essere identificato con tematiche più aggressive, relegando l’anima più melodica nel lato di riserva del disco. Il sito “Hit parade Italia” ci ricorda però che le vendite del 45 giri con i due estratti da “Storia di un minuto” portarono la PFM sino al 45° posto tra i successi del 1972. Non stupiscono, quindi, le parole con cui Franz Di Cioccio introduce il brano in un bootleg di una tappa del tour di “Per un amico” a Modena, fino a poco tempo fa disponibile su Youtube. “Impressioni di settembre” è uno di quei brani così popolari che non te ne liberi più, il che non è un male, ci mancherebbe. Un po’ come “Creep” per i Radiohead o “Tu sei l’unica donna per me” per Alan Sorrenti, le prime due che mi vengono in mente.
Il resto è storia. La completezza di “Lucky Man” degli Emerson, Lake & Palmer, inclusa nell’album di debutto del trio inglese uscito nel 70, induce la PFM a registrare il tema del pezzo con un Moog, strumento costosissimo ottenuto in prestito per l’occasione dall’importatore locale. Un ritornello strumentale, quindi, una vera novità per la canzone italiana. Il testo, scritto di getto da Mogol per raccogliere le sensazioni di una mattina di inizio autunno, incontra perfettamente il songwriting di Mussida, compositore esperto e musicista di livello mondiale richiestissimo in sala di incisione. Gli stacchi di cassa-rullante-charleston di Di Cioccio mentre il cavallo tende il collo verso il prato introducono infine un nuovo modo di intendere la batteria, non più solo di accompagnamento ma in una dimensione protagonista, importante tanto quanto il resto degli strumenti.
La versione registrata sull’album ha però una marcia in più. C’è una delicata intro king-crimsoniana da cui si propaga la nuova “Impressioni di settembre”, in un mood che rimanda l’ascoltatore a “Epitaph”. Questa volta la registrazione è in re, un tono più basso rispetto alla precedente versione. La nuova tonalità aumenta la connotazione cupa del brano, qui suonato con un tempo di batteria tipicamente progressive nel ritornello, fino alla suggestiva coda, un vero e proprio gioiello di cori intrecciati su un tappeto di archi Mellotron.
La vita di “Impressioni di settembre” è lunga quanto quella della band che l’ha composta e che, ancora oggi, malgrado l’età dei componenti originali, è il principale ambasciatore del nostro progressive nel mondo. Prova ne sono i numerosi rifacimenti che, ciclicamente, omaggiano i padri fondatori del rock in Italia. A memoria possiamo citare il “Fleurs” di Battiato, forse quella con maggiore dignità, una cover piuttosto inutile ad opera dei Marlene Kuntz, eseguita addirittura con Patti Smith a un Sanremo di qualche anno fa, una tutto sommato coraggiosa interpretazione di Renga – nice try! – e una “Impressioni di settembre” tanto rivoluzionaria quanto pochissimo documentata, con il tema portante eseguito con il basso, nel repertorio live di un progetto in cui militavano Samuel e Boosta prima della nascita dei Subsonica.
Ma, come il Maggiolino o la Fiat 500, nessun remake potrà far sfigurare la linea originale. “Impressioni di settembre” è una canzone che conserva intatto il paradosso della modernità senza tempo e che, prima del giro di boa che si consuma a ogni fine agosto, ci piace mettere sul giradischi per ricordare il nostro essere uomini in cerca di noi stessi e, in questa ricerca, l’aiuto che la natura che si addormenta, per un’altra volta, ci può dare.