Da una certa età in poi la vita diventa un enigma. Molte delle cose che hai costruito scopri che non funzionano e, nel migliore dei casi, la garanzia è scaduta da un pezzo e aggiustarle è un casino. Dietro a questa più che dozzinale metafora si cela una sconcertante aberrazione di cui, nel giro di qualche decennio, non resteranno nemmeno le ceneri. Il mio cruccio è quello di essere partito in vacanza lasciando un gatto dai giorni contati a casa e un romanzo di Richard Powers premio Pulitzer in valigia. Un animale domestico parte integrante della famiglia – aggiungerei una delle colonne portanti – e una storia in cui la sensibilità degli alberi è protagonista da leggere immerso nella natura di un campeggio a sud della Sardegna. Un cerchio che si chiude in cui quelli a essere piü legati a un filo, alla fine, siamo noi che ci diamo tutte queste arie nemmeno fossimo immortali. La letteratura, nella sua finzione, riesce a farci credere ogni cosa. Allo stesso tempo i social media sono diventati un immenso mausoleo per cani e gatti, il che è paradossale, considerando che sono gli esseri meno malati di presenzialismo tanto che, quando sono alla fine, cercano un posto riparato per uscire di scena fuori dalle luci della ribalta sotto le quali cerchiamo in tutti i modi di immolarli e, potessero parlare, ci chiederebbero di darci un taglio persino con i coccodrilli postumi alla loro struggente dipartita, senza contare che solo l’idea che un post di commiato si chiami come un animale che se li divorerebbe in un sol boccone va persino oltre la mancanza di rispetto. Il punto è che alberi, bestie (leghisti a parte) e i nostri simili cercano di darci dei segnali per guidarci nel migliore dei modi attraverso questo percorso che ha una fine. Al mio gatto, che probabilmente non vedrò più, di rimando gli vorrei dire che mi spiace non poter essere lì a tenergli la zampa con la mano, come quando mi si addormentava sulla pancia, nel momento più tragico di questo meta-racconto. Lascio così questo patetico finale al vento – qui in Costa Rei non manca – sperando che in qualche modo lo porti al mio gatto lassù a Milano e che, esprimendosi e intendendo un linguaggio diverso da quello di noi umani, sicuramente lo equivocherà per una proposta di riempirgli la ciotola con una delle sue scatolette preferite, come ha sempre fatto ogni volta in cui gli ho parlato.