quella voglia che viene in estate di ascoltare i Sigur Ros

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Ecco una nuova tentazione che arriva dal mercato delle ripubblicazioni in vinile. È uscita una nuova edizione di “Ágætis byrjun” che è uno dei dischi più belli dei Sigur Ros. Li ascolto sempre con piacere, e a un loro concerto sono particolarmente legato. Il 25 giugno del 2003 hanno suonato dal vivo a Villa Arconati a Bollate. A quel concerto hanno assistito anche mia moglie e mia figlia, che da due mesi stava crescendo nella sua pancia. Ogni tanto nelle sue playlist ci infila “Svefn-g-englar” o “Hoppipolla” e, quando mi accorgo che le ascolta, mi piace pensare che magari di quell’esibizione le sia rimasta qualche reminiscenza. Avevo scritto persino una recensione di quel concerto per una webzine con cui collaboravo all’epoca. Sentite qui:

Ecco la corretta procedura per l’esecuzione di una seduta di osservazione comportamentale: 4 bambini (o folletti) islandesi vengono introdotti in una stanza fornita di strumenti musicali vintage, accompagnati da altrettante bambine (o fatine) a comporre un quartetto d’archi. Il compito dell’osservatore, al di là di uno specchio unidirezionale, è di studiare l’evolversi del loro approccio verso gli strumenti e del loro modo di utilizzo per circa 90 minuti. L’esito: malgrado la disposizione sia studiata affinché ogni soggetto possa operare presso lo strumento cui è preposto, i 4 soggetti tendono a suonare raccolti occupando solo una sezione dello spazio a loro disposizione e spesso si alternano a tutti gli strumenti. Il dato più interessante è che il luogo dell’osservazione è un palco, i 4 bambini o folletti sono un gruppo in concerto, sono presenti circa 2000 persone in qualità di osservatori e, soprattutto, lo specchio unidirezionale non esiste.

I Sigur Ros atterrano nell’hinterland milanese in occasione di una delle rassegne musicali più esclusive, il festival di Villa Arconati a Bollate; conterranei di Bjork e di Emiliana Torrini, la similitudine con le sorelle maggiori (almeno la prima) è però fuori luogo: il denominatore comune è solo un calderone chiamato “sperimentazione sonora”; al limite si possono citare i Sugarcubes, che, come i Sigur Ros, avevano alcune venature minimali.

Traslare il minimalismo sonoro dai CD all’esibizione dal vivo non è semplice; è la scelta della strumentazione e il supporto della sezione d’archi delle Amiina a fare sì che l’atmosfera evocativa presente nelle loro registrazioni possa sublimare anche nel contesto arcadico di Villa Arconati, tra sciami di zanzare (particolarmente melomani?) in assetto da attacco, effluvi di spray e creme insetto-repellenti, il tutto in un caldo tropicale appena mitigato solo dall’incantevole vegetazione del circostante Parco delle Groane.

Il gruppo ha alternato brani dai 3 lavori al loro attivo, “Von”, “Agaetis Byrjun” e “()”, il CD senza nome composto da tracce audio senza titolo, in una lunga suite caratterizzata da forte alternanza dinamica tra suoni rarefatti e decisi ingressi ritmici. Visti da lontano i Sigur Ros danno l’impressione di creature magiche assorte nelle loro operazioni musicali a ricamo delle acute melodie del cantante Jon Thor Birgisson: taciturni, incuranti del contesto e concentrati nel riprodurre la loro estetica musicale dalla temperatura sotto-zero, e proiettati ad aiutare il percorso del pubblico verso la trance necessaria per elevarsi al loro piccolo “mondo delle idee” ancora incontaminato.

Il paragone (assolutamente non indispensabile) che più ricorre è quello con i Pink Floyd, il che pare eccessivo e riduce il potenziale dei Sigur Ros, nel cui suono tutto c’è tranne il background blues di David Gilmour. Come altri omologhi, i God Speed You Black Emperor o alcuni gruppi del marchio 4AD degli anni ‘80, per esempio, i Sigur Ros sembrano aver costruito un linguaggio con la loro cultura (sonora e non) di partenza e sembrano percorrere sentieri nascosti da tutti per mantenere la genuinità di uno “splendido isolamento”, a retaggio della provenienza e degli stimoli ricevuti nel loro habitat.

Un concerto dei Sigur Ros risulta così essere una finestra aperta su un panorama sconosciuto o un documentario sull’Islanda visto in tv, più che un viaggio inusuale in un terra mai vista: permette cioè solo la contemplazione del paesaggio e non l’immergersi, almeno solo per una breve vacanza, negli usi e costumi di una piccola comunità accogliente.

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