Il distributore della Total che vedo affacciandomi dalla finestra della camera di mia figlia da qualche tempo ha installato un sistema completamente automatico per il rifornimento anche durante le ore del giorno. Non esistono più le pompe in modalità fai da te e poi paga agli operatori. Ora funzionano come erogatori self service senza soluzione di continuità. La cassa è dotata di un vistoso monitor parlante che ti segue lungo tutta l’esperienza di acquisto: inserisci la carta o le banconote, nel secondo caso digita il pin e ritira la tessera, infine seleziona il numero dal quale rifornirti. Poi tocca a chi deve fare benzina a vincere l’ansia di sbrigarsi a tornare alla macchina prima che qualche altro cliente si impossessi della stazione che hai selezionato. Restano comunque le pompe che permettono a quelli messi peggio psicologicamente di farsi servire dal personale, pagando ovviamente di più per la prestazione personalizzata. Appena ti fermi in prossimità dell’area servito – durante le ore di apertura – uno dei due fratelli che gestiscono il distributore ti raggiunge e completa il processo di rifornimento.
Ieri pomeriggio ho fatto venti euro alla Yaris al self service e, mentre pagavo, abbandonato sopra il display, ho trovato un sacchetto in qual materiale bio-qualcosa con il logo di un discount ubicato più avanti. Dentro c’era una fetta di formaggio stagionato confezionato e prezzato e un bloc notes che non ho esitato ad aprire nella speranza di trovare qualche informazione che mi permettesse di rintracciare il proprietario di quelle cose dimenticate lì.
Purtroppo c’erano solo un paio di pagine scritte a penna però con una calligrafia molto chiara. Si capiva sin dalle prime righe che si trattava di una specie di brutta copia del verbale di una riunione di una qualche associazione. Parlava di alcuni membri accusati dagli altri di vivere nel mito di sconosciuti, per giunta persone da nulla e di altri che, nonostante i rimproveri, continuano a prendersi troppo sul serio. Il verbalizzatore si chiedeva anche come fosse possibile che nessuno gli facesse delle domande, e forse per questo se lo stava domandando in quel ruolo di autore della reportistica istituzionale. “Ritengo di essere comunque una persona piuttosto interessante”, si legge scritto in maiuscolo in calce a quel punto, sottolineato più volte per evidenziare una amara considerazione. Il punto successivo riguarda la parabola di fortuna dei Google Glass di cui, in effetti, non parla più nessuno e spero che il motore di ricerca in questione non penalizzi questo mio post solo per aver mosso qualche perplessità sui suoi prodotti di successo minore. L’ultimo tema di questa articolata riunione sembrava riguardare una discussione su Gabriele D’Annunzio, l’enfasi sul suo linguaggio e sul suo valore poetico e il giudizio perentorio del meno allineato dei partecipanti che deve aver chiuso la discussione bollando l’autore de “Il piacere” come un “mediocre guitto nazifascista”. Il formaggio invece era tutto sommato ancora fresco e così ho deciso di tenerlo.