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Di pari passo con il groupismo vero e proprio, quello che possiamo definire di matrice sessuale, esercitato dai fan che stalkerano i loro beniamini pre e post esibizione live con l’obiettivo di finire consenzientemente a letto, è bene soffermarsi sul groupismo che possiamo invece definire intellettuale, fenomeno che si manifesta quando ci sentiamo così vicini al nostro cantante o band del cuore tanto che ci sembra di conoscerlo e ci convinciamo che al cantante o band del cuore potrebbe giovare trascorrere tempo con noi a parlare del significato delle canzoni, della loro vita e del fatto che ci troviamo così in sintonia.

Il grande equivoco del groupismo intellettuale è che si tratta di un rapporto uno a tanti, a volte mille, altre un milione. Questo significa che ci sono a volte mille, altre un milione di persone che hanno lo stesso impeto come noi nei confronti del cantante o della band del cuore, e mentre siamo convinti – nel buio delle nostre camerette con lo stereo acceso – che tale rapporto sia esclusivo, stiamo prendendo una cantonata. Prova di ciò è che quando poi andiamo a vedere i concerti ci troviamo a disagio tra quelle migliaia di spettatori che, lì come noi, conoscono i testi a memoria e attivano un canale emotivo con il palco, un filo diretto che si ingarbuglia con il nostro.

Il groupismo intellettuale si è evoluto da quando, manco a dirlo, esistono l’Internet e i social network. I cantanti e le band del cuore hanno pagine Facebook, account Twitter o profili Instagram su cui i loro uffici stampa o social media manager scrivono e noi, commentando o mettendo like, pensiamo di instaurare con loro una relazione ancora più unica, ignorando il fatto che le mille o il milione di persone di cui sopra, grazie all’Internet e ai social network, sono centuplicati.

Succede anche che gli uffici stampa o i social media manager dei cantanti e delle band del cuore ci rispondano, in qualche modo. In questi rari accadimenti ci sentiamo così toccati dalle mani di Dio o raggiunti dalle loro emanazioni e consideriamo tali manifestazioni come la prova del fatto che la simbiosi esperienziale della cui esistenza eravamo stra-convinti non fosse solo una nostra ossessione.

Anch’io, come tutti voi, esercito il mio groupismo intellettuale. Da sempre, o almeno da quando è uscito il primo disco degli Offlaga Disco Pax “Socialismo tascabile”, sono stra-convinto di avere un forte feeling intellettuale con Max Collini, il cantante della band. Ho assistito ad alcuni dei loro concerti, prima che Enrico Fontanelli ci lasciasse, e ogni volta la sensazione che le parole delle canzoni mi calzassero a pennello era sempre più forte. Sono ovviamente in contatto, via Facebook, con Max Collini ed è capitato che lui, o il suo ufficio stampa (ma penso che sia veramente lui) interagisse con me mettendo persino qualche like ai miei post. Mi sono recato una volta a suo concerto con una maglietta identica a una di quelle che gli avevo visto sfoggiare in una foto sul palco e quando l’ha notata – prima che il concerto iniziasse – ha apprezzando il gesto.

Qualche settimana fa ho partecipato alla presentazione della mostra sulle grafiche di Fontanelli per gli ODP alla Santeria di Milano e gli ho rivolto persino una domanda, a fine evento. Mi sono anche fatto scattare una foto insieme affidando il mio smartphone a un altro visitatore, un’immagine in cui avrei potuto taggare Max Collini su Facebook e consolidare ulteriormente la nostra vicinanza intellettuale. La persona a cui ho chiesto la foto, però, ha svolto il suo compito in modo vergognoso. Mi ha ripreso con gli occhi chiusi e un’espressione da idiota che non riflette affatto quello che volevo dimostrare in quell’immagine. Probabilmente era uno molto più bravo di me nel groupismo intellettuale, e lo ha fatto apposta per sbarazzarsi di un rivale comunque molto scomodo.

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