In questi giorni ricorrono i primi sei mesi della mia nuova carriera da insegnante di scuola primaria. Sapete che sui social network queste cose vanno di brutto, ci sono persino quei sistemi che ti fanno automaticamente le animazioni con le foto per gli anniversari perché tu per loro sei speciale (certo virgola certo). Il punto è: meglio prima o adesso?
Di sicuro non rimpiango le suonerie che partivano a un volume esagerato nell’ufficio in cui lavoravo prima. Chi opera nella comunicazione passa molto del suo tempo al telefono a prendersi cura delle relazioni con clienti, partner e fornitori ma, malgrado decenni di sensibilizzazione sull’inquinamento acustico generato dagli smartphone, moltissimi operatori del settore spaccano il cazzo ai colleghi con le loro suonerie personalizzate a tutto volume. In particolare posso portare gli esempi di un pezzo rumorosissimo e tamarro oltre ai livelli di guardia della mia vicina di scrivania (una canzone dance commerciale che potrebbe essere dei Black Eyed Peas feat. David Guetta o una cosa del genere) e di una specie di sinfonia composta ad hoc per la Coppa dei Campioni di calcio che, in quanto a sobrietà, i Carmina Burana di Orff sembrano composti da Steve Reich. Raramente a scuola invece si sentono smartphone suonare incustoditi, senza contare che in classe gli insegnanti lo tengono in modalità silenziosa.
Di contro, però, nella scuola è bene informarsi su tutto perché nessuno ti avvisa su nulla mentre le aziende private, sotto questo punto ti vista, ti coccolano. Quando accade, nella maggior parte dei casi le istituzioni ti mettono al corrente di cose inutili o che sai già. In segreteria non leggono le e-mail e conviene segnarsi sul calendario tutto ciò che ti riguarda come docente perché non è come nel privato che gli impiegati amministrativi stanno dalla tua parte. Se vi scappa una scadenza di qualcosa siete fritti.
Resta la questione degli innumerevoli mesi di vacanza che spettano agli insegnanti, ma su questo vi saprò dire a luglio. Al momento seguo le feste che fanno i ragazzi ma tenete conto che chi vuole fare le cose per bene e cioè prepararsi le lezioni, documentarsi, cercare cose belle per incuriosire gli alunni, i corsi di aggiornamento e altro che in questo momento non mi viene in mente, sta sul pezzo tanto quanto quelli che, come me, nelle aziende private erano costretti a lavorare nei fine settimana e ben oltre l’orario stabilito. Non nego che oggi, quando rientro a casa fatte le mie ore in classe, oramai ho un appuntamento fisso per una mezz’oretta sul divano con i gatti addosso ma in questo conta anche il fattore anagrafico. Per il resto, potrei lavorare continuamente dieci ore al giorno e ci sarebbe sempre da fare.
Quando lavoravo in ufficio non parlavo mai se non per far finta di convincere i clienti che mi interessavano le cose che mi chiedevano di fare. Oggi, a marzo inoltrato, ho già perso la voce tre volte. La mia collega, che ogni tanto mi osserva per suggerirmi i metodi più adatti a insegnare al meglio, mi ha detto che dovrei diminuire il tono quando parlo ma non è facile e credo sia un problema di sicurezza di sé. Mi sono iscritto a un corso per imparare a utilizzare la voce in modo appropriato, sperando che sia sufficiente per non arrivare alla pensione afono.
I bambini sono fantastici. MA se avete qualche esperienza, anche solo genitoriale, converrete con me che qualche volta rompono i maroni e capita che li corcheresti volentieri con il battipanni come facevano i genitori pre-sessantotto. Esauriti gli ammonimenti, le urlate, le note sul diario, quelle sul registro, la convocazione dei genitori, i provvedimenti disciplinari con il preside, qualche rimpianto sull’operare con gli adulti sovvenga. Per esperienza vi assicuro che dura poco. Ho capito però che quello dell’insegnante alla primaria è come un lavoro a giornata con un cliente diverso. Magari finisci alle 16.30 che ti guardi in cagnesco con quella del primo banco che ti interrompe a sproposito in continuazione ma poi, la mattina dopo, il ciclo riprende come nulla fosse. Credo sia la vita dei bambini a essere così. Avendo poco tempo alle spalle, per loro una giornata intera è un’enormità ed equivale a una frazione enorme di quanto hanno vissuto, a differenza nostra.
Bisogna anche stare attenti a mescolare la vita privata con il lavoro. Se sei in ufficio e ti arriva una brutta notizia vai su Facebook e scrivi due minchiate oppure esci a farti una sigaretta o a prendere una boccata d’aria inquinata. A scuola hai sempre quelle facce davanti e non puoi prendertela con loro se sei stato sfortunato. La mia collega Maria, che per certe cose è il mio guru, mi dice che in quei momenti meglio evitare di esporsi con spiegazioni o confronti diretti. Si scrivono una dozzina di operazioni alla LIM e si lasciano i ragazzi da soli nello svolgimento, tenendo conto che va bene il lavoro di gruppo e il peer to peer e la classe capovolta e tutto quanto ma in certi momenti le attività compilative in una sana e tradizionale lezione frontale sono il non plus ultra per tenere le distanze e sbollire la tensione.
Quanto ai rapporti, c’è da dire che i colleghi, rispetto a prima, sono molto meno cazzoni. Anzi, a dirla tutta, non sono cazzoni per nulla. Nel senso che non ho nessuno che fa magliette super creative o lo smanettone che ha le convulsioni per i videogiochi o i nerd che comprano tutte le novità in fatto di elettronica consumer. A parte che sono tutte colleghe, la cosa più alternativa che ho visto è una supplente di sostegno con la t-shirt tarocca di “Unknown Pleasures” ma ben nascosta sotto la felpa. Sono tutte persone molto serie, il lavoro che facciamo è una cosa seria e con il gruppo classe – bambini, genitori, colleghi – spesso l’undo o il ctrl+x o la funzione modifica il post non funziona. Non per questo a scuola è vietato scherzare. Con i bambini essere rigidi è efficace ma è un approccio molto più facile e permette di industrializzare gli effetti didattici. La severità a pioggia consente maggiore controllo. Essere collaborativi e puntare a esaudire le richieste individuali è molto faticoso ma aiuta a instaurare rapporti molto customizzati con gli alunni. Probabilmente lavorare così alla lunga è logorante, ma al momento mi piace.
Dal punto di vista della progettualità, infine, la scuola è una landa desolata e se hai un minimo di inventiva, fantasia, competenze ed entusiasmo puoi sperimentare di tutto. Se il dirigente vede che non fai dei danni e sei una persona affidabile è possibile davvero sbizzarrirsi. Non vi dico poi se sei bravo con le tecnologie e in ambito digitale. La scuola è affamatissima, sotto questo punto di vista. Sono interpellato per qualsiasi problema ma mi sta bene così perché sono ricambiato con un’umanità che non penso esista in nessun altro settore. Spero sia sempre così, anche dopo dieci anni di mestiere.
Dio quanto ti invidio!
È sempre stato il mio sogno, non era nemmeno così irraggiungibile, a pensarci.
O forse sì.
Ma io non l’ho perseguito abbastanza.
Il maestro è nell’anima…